Una riflessione sulle “brutte performance” del risparmio gestito nel 2018
Stavo riflettendo su alcuni punti:
1- Gli ultimi 8 mesi hanno visto un deprezzamento ed una perdita di valore su quasi tutti i principali asset, salvo valuta dollaro su euro, azionario USA (in particolare tecnologico), obbligazionario dollaro a breve termine, materie prime concentrate su olio e gas (e poco altro).
2- Questo genere di problematiche, annunciate già nel 2017 dalle riforme fiscali USA e dalle politiche messe in atto dall’amministrazione americana, oltre ai rialzi dei tassi annunciati dalla FED, hanno spinto per motivi che io ritengo ‘commerciali’ le società di gestione del risparmio a spostarsi verso prodotti ‘flessibili’ ed a calcolare secondo ‘metodi quantitativi’ l’impatto del rialzo dei tassi (etc…) sulle performance dei mercati di riferimento.
3- Perché questi strumenti, con il senno del poi, non sono stati (salvo rare ma notevoli eccezioni) efficaci? Perché l’industria del risparmio, complice l’applicazione di normative come mifid2 su alcuni mercati, sta affiancando ai soliti guadagni da asset management (commissioni di gestione) anche entrate extra da elaborazione di studi, consulenze, analisi, applicazioni di metodi. L’applicazione di una ‘struttura’ all’investimento diventa quindi di per sé un business e si moltiplicano le attenzioni verso prodotti flessibili e ‘stili’ di gestione. Tutto da dimostrarsi il reale valore aggiunto per il cliente.
4- Questi ‘metodi quantitativi’ cosa hanno prodotto? I manuali e le formule hanno poca fantasia: tutti hanno ripetuto i soliti mantra “abbassare la duration” (come si abbassa la duration? Con titoli con maturity breve? à ma rendono poco e si pagano poche commissioni, meglio con titoli dal rendimento più elevato, come high yield, debito emergente etc…), “flessibilità” (ed ecco proliferare le repliche sintetiche, l’absolute/total return, la diversificazione con fondi di fondi ed altri strumenti che, come casuale effetto collaterale, moltiplicano i costi senza dare alcuna certezza) e poi strategie più ardite dove si trattava di vendere derivati (long/short, 80/120, core etc…).
5- Ma l’incremento del rischio? Ed anche qui i metodi quantitativi… come si calcola il rischio? Con la volatilità media delle ultime annualità. Ma se nell’obbligazionario le manovre espansive delle banche centrali da anni riducono la volatilità del mercato? Ecco che possono essere ‘utilizzate’ come prodotti a bassa volatilità anche obbligazioni un tempo considerate ad alto rischio o spazzatura. La conseguenza la conosciamo: si è comprato rischio sottostimandolo, e l’effetto delle politiche applicate nel 2018 nel mercato del risparmio gestito è stato amplificato anziché ridotto da queste strategie, con unico vantaggio dei venditori di analisi, studi, metodi, formule ed altri disegnini in power point. Inoltre è aumentata (non a caso) la correlazione tra settori che si consideravano decorrelati.
P.C. 19/10/2018
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