Portafogli d'Investimento Teorici:

mercoledì 30 settembre 2020

DEMETRA: un portafoglio bilanciato "All Seasons"

Non sono un fan dei portafogli di valore "eterno", ritengo sia più importante cercare di volersi assumere il rischio e l'aspettativa di rendimento di un'asset allocation o di una strategia specifica.

I molti temi aperti dalle anomalie dei mercati finanziari in questo periodo:

- La decorrelazione tra asset che è (finalmente) giunta contrapponendo i segmenti di mercato sottovalutati (Value) e quelli sopravvalutati (Growth) con la contrapposizione apparente tra 'settori economici maturi' e 'settori economici innovativi/tecnologici'

- La duration è una grande minaccia, in una fase di tassi globali bassissimi, spesso negativi... basta un'interruzione delle politiche di sostegno economico, non tanto un rialzo dei tassi delle banche centrali, per colpire fortemente i controvalori del debito in quota capitale

- L'oro ed i metalli preziosi in generale sono ad un valore prossimo ai massimi storici, spinti in alto dalla recessione introdotta dall'evento nefasto della pandemia globale

- La forte debolezza di alcune valute rispetto all'euro (acuirsi del 'rischio valuta')

Il Covid ci ha confermato che i mercati non sono solo non prevedibili, ma anche incerti: leggi valide in passato potrebbero non esserlo in futuro, questo mi spinge a diffidare di regole "universalmente valide" perché deludendo in futuro le aspettative potrebbero spingerci a ripensare a tutta la strategia.

DEMETRA, il portafoglio che ho in mente questa volta, percorre però come asset allocation la celebre struttura "All Season":

10% di Commodities e Metalli Preziosi (anziché il 15% del A.S.)

35% di Azioni Mondiali (anziché il 30%)

55% di Obbligazioni Mondiali

La strategia non deve essere statica, perché serve a bilanciare nel tempo la decorrelazione e le criticità elencate (duration, asimmetria Growth/Value, contrapposizione azionario e oro etc...) che questo anno ha portato probabilmente all'estremo.

Ho deciso quindi di suddividere il portafoglio in 5 "core", ovvero sotto-portafogli, i primi quattro dei quali a distribuzione.

CORE 1: titoli di stato a duration lunga, titoli di stato in valuta a duration lunga, titoli obbligazionari societari "investment grade", titoli obbligazionari a duration corta, titoli obbligazionari in valuta a duration corta.

CORE 2: titoli obbligazionari di paesi emergenti, titoli obbligazionari "high yield"

CORE 3: azioni VALUE, fondi azionari VALUE

CORE 4: azioni GROWTH, fondi azionari GROWTH

CORE 5: oro, argento, commodities

Le regole di gestione è ricorrere ad accumulo, ogni 6 mesi, della distribuzione di un CORE investendolo, mediando i prezzi di carico, in strumenti finanziari del core seguente (ad esempio le cedole di obbligazioni emergenti e high yield, investite in azionario value). Questo sempre se il valore del CORE in cui si accumula è inferiore a quello del CORE che distribuisce, altrimenti si passa ad accumulare nel CORE successivo (eventualmente dopo il CORE 5 si riparte dal CORE 1).

L'accumulo dovrebbe, per quanto possibile, andare a 'mediare il prezzo' (cost averaging) degli asset più svalutati al momento dell'accumulo.

Ogni 2 revisioni semestrali, ovvero ogni 12 mesi, si effettua un eventuale ribilanciamento, laddove non si rispetta questo ordine:

Core 1>=Core 3>=Core 5 e Core 2 >= Core 4

Il ribilanciamento va a ristabilire l'ordine quantitativo tra i diversi CORE.

Si noti la contrapposizione compensativa tra i diversi CORE: obbligazionario "investment grade" contrapposto a quello speculativo, segmenti di mercato azionario "value" contrapposti a quelli "growth", commidites contrapposte all'azionario. Questo effetto che si spera sia compensativo è per andare a ricercare una decorrelazione tra asset (che internamente sono diversificati per duration, mercato, valuta etc...) utile a far accumulare i dividendi/cedole in maniera compensativa, su asset penalizzati da quello specifico momento di mercato, nella speranza di portare ad una crescita strutturale del capitale nel lungo periodo che è nostro orizzonte temporale.

La strategia flessibile ma sistematica serve a generare costante liquidità, prodotta da asset decorrelati all'interno di una logica "All Season" che vengono reinvestite per mediare le inevitabili e probabili flessioni degli asset iniziali tramite una strategia di "value averaging" decennale.

Il portafoglio conto che oltre che 'bilanciato' e nelle sue finalità abbastanza 'neutrale' rispetto al mercato (come da logica All Seasons) si riveli anche istruttivo per analizzare come tali asset "complementare" si stanno muovendo nelle varie fasi di mercato.

L'investimento iniziale di DEMETRA è il seguente:


Demetra parte quindi con un'asset allocation 45/55 dove il 60% è in euro ed il 40% a rischio valuta (principalmente dollaro, con un 2,25% di GBP).

I ribilanciamenti della strategia flessibile ci obbligano a fare i conti con l'inefficienza fiscale degli ETF. Sperando di ridurla il più possibile ho dovuto (centellinando) introdurre anche delle quote di strumenti efficienti fiscalmente (singole obbligazioni ed azioni), in quota comunque minima e diversificata.

L'orizzonte temporale dell'investimento è di 10 anni (il decennio 2020-2030), eventualmente rinnovabile.

Procedo quindi alla spiegazione dei vari sotto-portafogli.

CORE1: Titoli di Stato e Obbligazioni Corporate (20% di rischio valuta)

Il controvalore investito è di 90000 euro (30%) si parte, per i titoli di Stato e le obbligazioni di più alto merito creditizio, dalle duration più lunghe con il titolo di stato spagnolo a 40 anni ed il BTP ventennale. Si passa poi all'ETF di lunghissima duration (dove la redditività non è proprio zero... ma comunque pericolosamente ridotta), passando poi all'equivalente in dollaro USA, alle obbligazioni al 'limite' dell'investment grade (BBB), all'obbligazionario aggregato globale con hedging, passando poi a titoli di Stato USA (in dollari e con hedging) dalla duration molto breve, all'obbligazionario societario hedgiato sui tassi ed infine al conto deposito (neutrale ai tassi).

CORE 2: Obbligazionario Speculativo (40% di rischio valuta)

Il controvalore investito è di 75000 euro (25%). Il titolo al vertice della maturity e del rischio-rendimento è il titolo di Stato Turco al 8% a 14 anni. Passiamo poi per l'obbligazionario emergente in dollari Vanguard, poi a quello con hedging sull'euro. In quota minore c'è l'obbligazionario emergente a breve termine di SPDR, concludendo la quota governativa "ad alto rischio/rendimento". Successivamente passo agli obbligazionari societari "high yield": al vertice del rischio ci sono i CoCoBond con la loro elevata distribuzione societaria, passando poi all'high yield in dollaro ed in euro, fino all'high yield hedgiato a duration ridotta.

CORE 3: Azionario Value (2/3 rischio valuta)

L'esposizione valutaria aumenta nell'azionario, la cui volatilità comunque si auspica possa parzialmente compensare tale svantaggio. 60000 investito in Azioni "value" (20%). Diversificazione tra USA, europee, investimento tematico in infrastrutture di paesi sviluppati e di paesi emergenti, in immobiliare sviluppato ed asiatico ed infine una selezione di 5 azioni scelte per il loro dividendo tra il Regno Unito (per ragioni di agevolazioni fiscali sui dividendi) e l'Italia. Enel (LargeCap Value del settore Servizi di Pubblica Utilità), BHP Group (LargeCap Value, colosso del settore minerario), Tenaris (MidCap Value del settore energetico), The Berkeley Group Holdings (MidCap Value, importante nel settore immobiliare britannico).

CORE 4: Azionario Growth (2/3 rischio valuta)

Stesso meccanismo per l'azionario Growth per il quarto Core: 45000 investito in Azioni "growth" (15%). La diversificazione passa dal mercato europeo al Nasdaq americano, tematico sull'energia pulita, fino a titoli come Falck Renewables (SmallCap delle energie rinnovabili), Burberry Group (MidCap del lusso britannica), Allied Minds (SmallCap finanziaria attiva nella gestione patrimoniale).

CORE 5: Metalli Preziosi e Commodities

In fondo allo schema c'è il nostro investimento del 10% (30000) in Oro, Argento e Commodities.

Il capitale iniziale di DEMETRA parte da un valore investito di euro 300033,58 al 30 settembre 2020. Il primo rendiconto semestrale è previsto per la fine di marzo 2021.

P.C. 30/09/2020

sabato 26 settembre 2020

Del perché diffidare di strategie flessibili ed “hedge”… [Parte 1: l’avventura dei signori Scholes&Merton e del fondo LTCM]

 Nell’offerta di prodotti finanziari molti consulenti si prodigano di suggerire degli strumenti d’investimento molto complessi ed avanzati, che per medi periodi d’investimento appaiono ‘miracolosi’ e capaci di generare un profitto superiore al mercato e completamente decorrelato da questo.

Chi banalmente ha investito dieci anni fa nel Nasdaq ed è oggi in gain del +680% sul suo investimento non ne comprenderà probabilmente l’utilità, ma non tutti i periodi storici sono stati caratterizzati da bassa inflazione, ampia disponibilità di capitali a buon mercato e crescita dei mercati azionari come il decennio appena trascorso.

In periodi più foschi è normale che gli apprendisti stregoni abbiano più facile gioco nel vendere soluzioni ‘alternative’. Dopo aver assunto dietro buona retribuzione fisici teorici prestati alla dottrina cosiddetta “Quants” del mercato ed aver creato strutture aziendali che gestiscono grosse masse d’investimenti, poi, banche e società di gestione del risparmio continueranno a produrre prodotti per così dire “molto strutturati” (e spesso ricchi di commissioni) e cercare di venderli. Dappertutto… ai Gordon Gekko dei mercati mondiali, ma probabilmente anche alla signora Mariuccia nella filiale sotto casa (passando ovviamente per consulenti e promotori in abiti impeccabili e dalla view sempre positiva sul mercato).

Nel 1993 i mercati finanziari internazionali non avevano a disposizione quella liquidità a buon mercato che abbiamo oggi… i tassi LIBOR sulla sterlina inglese (andati alle stelle durante il “mercoledì nero” dell’anno precedente) arrivavano al 7%, per un periodo la Banca d’Italia dovette alzare il tasso di sconto fino al 15%. In Giappone era scoppiata nel 1990 una bolla speculativa che toccò nel 1993 con un crollo di oltre il 60% dell’indice di mercato.

In questo anno due grandi geni della matematica quantitativa, Myron Scholes e Robert Merton, si proposero di trasformare il celebre “modello Black-Scholes” in una macchina per fare magicamente soldi.

Il modello Black-Scholes è alla base delle tecniche cosiddette di “Hedging”: eliminazione matematica del rischio di un’attività finanziaria ricorrendo a strumenti derivati. Tutto lo studio di Black e Scholes si basa sull’utilizzo di contratti derivati noti come ‘opzioni’ che permettono di scambiare ad un tempo determinato una certa attività economica (es. un’azione) ad un prezzo stabilito precedentemente nel contratto. La loro equazione consentiva di “coprire” l’opzione acquistando o vendendo l’attività sottostante nel momento giusto eliminando il rischio dello strumento.

L’originale lavoro accedemico era del 1973, simulando un portafoglio “neutrale” ovvero il cui rischio, tramite hedging era matematicamente azzerato. 20 anni dopo ebbero la possibilità di mettere a frutto tale teoria.

Spiegandolo in parole povere le opzioni e l’hedging funzionano così: se un titolo azionario oggi vale 100 euro e io sono convinto che tra un anno possa arrivare a 200, sarebbe bello poter stipulare oggi un contratto di opzione che mi permetta di comprarlo tra un anno a 150 euro. Se la previsione è giusta ci guadagno, se è sbagliata… ho perso solo un diritto di opzione con un piccolo prezzo. Il grosso problema è calcolare quale dovrebbe essere il prezzo di questa opzione: se pago troppo ci perdo, se è troppo basso non è conveniente per chi si assume il rischio di dovermi vendere a 150 qualcosa che potrebbe valere 200.

La base di profitto del fondo hedge concepito da Scholes e Merton nel 1993 era quello di ‘saper’ calcolare il prezzo giusto di un’opzione operando su un mercato dove gli altri non erano in grado di farlo e si affidavano semplicemente a delle intuizioni anziché a calcoli matematici. Avevano bisogno di un socio che gli consentisse di passare dalle aule universitarie ai mercati finanziari e gli mettesse a disposizione una sufficiente capacità di calcolo. Si associarono così a John Meriwether, della Salomon Brothers e nel 1994 diedero vita al fondo Hedge noto come LTCM (Long-Term Capital Management).

Gli investitori del LTCM erano grandi banche, e si affidavano alla squadra dei sogni: due dei quantitativi più brillanti del mondo accademico, una star uscita dalla Salomon ed una squadra di ex docenti di Harvard e dirigenti della FED. La tranche minima di accesso al fondo era 10 milioni di dollari.

Le commissioni di gestione erano del 2% annuo ed il 25% di commissione di performance su tutti i rendimenti.

Nei primi 2 anni i fondi del LTCM realizzarono rendimenti netti del +43% e del +41%.

Al terzo anno (1997) il capitale investito nel LTCM raggiungse i 6,7 miliardi, ma gestiva attività finanziarie per 126,4 miliardi: per generare profitti tanto ingenti con un patrimonio in gestione crescente ovviamente questo fondo Hedge si indebitava e la leva aggiuntiva consentiva di investire somme superiori al patrimonio disponibile. Non che questa montagna di debiti li spaventasse: i modelli matematici dicevano che non correvano NESSUN rischio, perché tutto il rischio era hedgiato comprando azioni di senso opposto all’investimento fatto al ‘giusto prezzo’.

Avevano attivato strategie d’investimento multiple e decorrelate, circa 100 su 7600 posizioni in titoli diverse. Qualcuna poteva andare male, ma tutte no. Il bello del portafoglio diversificato teorizzato dalla Moderna Teoria di Portafoglio di Markowitz.

LTCM sfruttava i differenziali di prezzo in diversi mercati, ma l’attività più importante era quella basata sulla formula Black-Scholes, vendendo opzioni a lunga scadenza su mercati americani ed europei, ovvero offrendo opzioni sui loro titoli che gli investitori avrebbero potuto esercitare in caso di ampie oscillazioni di prezzi su quei titoli. I prezzi di queste opzioni erano calcolate nella formula Black-Scholes, su una volatilità molto alta, del 22%, mentre la volatilità calcolata dai Quants era del 10-13%.

Spiego la cosa per i comuni mortali: di fatto loro vendevano ad un prezzo un’assicurazione che sarebbe stata redditizia per un’oscillazione di mercato del 22%, calcolando che le probabilità di un’oscillazione superiore al 10-13% era minima, e che quindi tutti gli anni avrebbero fatto ampissimi margini a venderla!

Le banche e le assicurazioni, nonché i fondi pensione, avevano bisogno di assicurarsi contro l’alta volatilità, e quindi versavano loro dei soldi.

Può sembrare rischioso, ma i matematici vedevano la cosa in maniera matematica: il rischio calcolato era stato ‘hedgiato’ (ovvero ridotto matematicamente) a zero. Fra i punti forti della promozione commerciale c’era l’affermazione che il fondo era neutrale rispetto ai mercati: non poteva essere danneggiato da oscillazione di qualsiasi mercato azionario, obbligazionario o valutario. Il loro “dynamic hedging” gli permetteva di vendere opzioni su un indice, senza esporsi all’indice stesso. I soci anzi si preoccupavano che i rischi assunti non fossero sufficienti.

Ci sarebbe voluto un evento “sigma dieci” (ovvero pari all’ampiezza dieci volte la deviazione standard) per far perdere tutto il capitale al fondo in un anno… la probabilità calcolata dai ‘Quants’ era di 1 su 10 elevato alla 24… il fondo avrebbe dovuto guadagnare per un milione di milioni di milioni di anni (10 con 24 zeri) prima di un evento che lo avrebbe azzerato… molto più della durata dell’universo.

Nel 1997 Merton e Scholes vennero insigniti del premio Nobel per l’economia.

Sembrava che l’intelletto avesse trionfato definitivamente sull’intuito.

Purtroppo però i mercati finanziari non sono solo imprevedibili, ma anche incerti. Non rappresentano un insieme di fenomeni meccanici le cui leggi sono troppo complesse e vanno ‘sintetizzati’ con stime statistiche, ma che come sottostante hanno leggi fisiche immutabili, bensì un insieme di fenomeni umani le cui leggi oltre ad essere complesse sono volubili, mutabili e soggette a fenomeni ancora più complessi (paure, illusioni, euforia).

Quando i mercati azionari crollarono, facendo aumentare, anziché diminuire, la volatilità (giunse a 27 a giugno 1998, oltre il doppio della ‘stima’ del LTCM). E più aumentava, più il fondo perdeva, a leva finanziaria ovviamente.

Il 17 agosto 1998 il mercato finanziario russo, già indebolito dal crollo del prezzo del petrolio e da discutibili privatizzazioni, crollò definitivamente. Il governo russo si dichiarò insolvente e tale insolvenza giunseo solo un anno dopo la crisi asiatica, con contagio sui mercati emergenti, ma anche su quelli sviluppati.

La volatilità raggiunse il 29%, sfiorò il 45%... proprio quello che non avrebbe dovuto accadere secondo i modelli di rischio LTCM. I quantitativi avevano infallibimente calcolato che il fondo aveva probabilità zero di perdere più di 45 milioni di dollari in un solo giorno… eppure venerdì 21 agosto 1999 ne perse 550.

Improvvisamente tutti i mercati su cui LTCM era esposta, si muovevano in sincrono: la correlazione annullava la diversificazione “calcolata” tra le attività, stranamente i sottostanti erano tutti “materialmente diversi”, ma le persone che vendevano, l’essere umano, era lo stesso dappertutto.

A fine mese il fondo fece -41%. Il patrimonio del LTCM sarebbe rapidamente passato da 4,9 miliardi di dollari inizalmente investiti a 30 milioni di dollari.

Purtroppo l’ipotesi di Black-Scholes si fonda sull’efficienza del mercato: i movimenti dei titoli azionari sono continui, privi di attriti, perfettamente liquidi ed il rendimento delle azioni segue una distribuzione normale secondo una curva a campana, l’applicazione su vasta scala del modello, tra l’altro, avrebbe dovuto aumentare l’efficienza dei mercati… ma durante una crisi “i mercati possono restare irrazionali assai più a lungo di quanto si possa restare solvinili” (J.M. Keynes).

I modelli di Value at Risk (VaR) della società avevano calcolato che la perdita di agosto 1999 non avrebbe dovuto verificarsi nell’arco di vita dell’intero universo. Ma i modelli erano tarati sulla base di dati storici… relativi ai precedenti cinque anni. Tutt’oggi il rischio di un mercato si calcola sulla volatilità degli ultimi anni.

I nobel dell’economia ne sapevano molto di matematica, ma poco di storia.

Si potrebbe pensare che, dopo il catastrofico fallimento della LTCM, gli hedge funds quantitativi sarebbero scomparsi dalla scena finanziaria, invece è accaduto il contrario: nei successivi 10 anni, anziché diminuire, i fondi hedge sono aumentati per numero e volume di patrimonio.

Dopo questa prima parte (e lunga premessa) passerò a breve a spiegare come l’approccio e i ‘trucchetti’ dei fondi hedge abbiano aperto la strada all’utilizzo di esposizioni a leva finanziaria, tecniche di hedging, che sono penetrate in molti strumenti finanziari (fondi e polizze d’investimento in particolare) al di la del ristretto mondo degli “hedge funds” e dei loro facoltosi investitori. Queste tecniche hanno potuto svilupparsi in strumenti in mano a semplici risparmiatori, laddove la strategia dichiarata sia principalmente “flessibile”.

Perché LTCM anziché da monito, ha fatto scuola?

Perché ha evidenziato che un approccio ‘calcolato’ che faccia guadagnare più del mercato per 5 anni (1994-1998) e implodere il capitale al sesto (1999) è perseguibile… e se questo è spaventoso per chi ci investe, è estremamente profittevole per chi, ricordiamolo, prende il 2% di commissioni all’anno ed il 25% della performance positiva annua di quanto investito.

[Fonti: N. Ferguson, Short Term Capital Mismanagement, in The Ascent of Money, pp. 236-241]


P.C. 26.09.2020

sabato 19 settembre 2020

PERICLE: il lento recupero del portafoglio opportunistico che paga la sovra-esposizione all'energetico ed al 'value'

 E' venuto il momento per il nuovo rendiconto trimestrale di Pericle.

Il portafoglio, opportunistico ed aggressivo, ha scontato, con la crisi del 2020, la sovraesposizione ad asset energetici e 'value' (immobiliari, commodities etc...) come da mandato del giugno 2019 che puntava proprio a sovraesporsi a tematici di nicchia, emergenti e settori simili, in cerca delle opportunità del mercato.

Devo dire che gli investimenti recenti del portafoglio non hanno deluso, con il tematico "World Consumer Staples" a +9,8%, il MSCI EMU ed il Wisdomtree Global Quality Dividend Growth in gain. Purtroppo la nuova incertezza degli energetici, dopo un'avvisaglia di recupero di qualche mese fa e la debolezza del dollaro, che ha colpito gli obbligazionari in valuta, hanno ridotto le potenzialità di recupero. La situazione di Pericle dopo 3 mesi è la seguente:

A questo aggiungiamo 102,15 euro di dividendi netti ricevuti: principalmente da Asia Property, dall'ottimo Vanguard FTSE ACWI High Dividend e dal SPDR Global Aggregate Bond Euro Hedged.

Devo dire che nella sua logica di andare a cercare asset "opportunistici" sicuramente l'ingresso nel Vanguard ACWI H.D. (in gain del 10%) e quello nell'obbligazionario corporate con hedging sui tassi (anch'esso a +10%) potrebbe rivelarsi anche per il futuro ben riuscito.

Pericle però (strategia di portafoglio 'flessibile' ed 'arbitraria' che ovviamente non consiglierei) serve a mostrare le difficoltà e le problematiche dell'affrontare un investimento (spesso 'fai da te') completamente flessibile e basato su idee e speculazioni su quali possano essere le migliori occasioni. Insomma un pò il succo di una 'gestione attiva'. Uno dei problemi è evidente: quando si presentano ottime opportunità da cogliere (come due trimestri fa) le 'cartucce da sparare' sono spesso limitate.
Iniziando un nuovo portafoglio durante il panico (portafoglio PAN) ci si può agevolare bene del 'market timing', ma avendo solo un approccio di revisione periodica cercando di cogliere le occasioni (come in Pericle) spesso quel 10% oggi realizzato su ottimi asset si spera stabili come gli ETF che ho nominato pocanzi, viene compensato dai molti schiaffi che il mercato ci ha assestato avendo iniziato a cercare "opportunità" nel corso del II semestre del 2019... che per un certo periodo potrebbe rimanere agli annali come 'l'anno dei record'.
Insomma il Timing può essere colto (con una adeguata assunzione di rischio) nello stabilire un'asset allocation (caso PAN), ma ci agevole ed al contempo penalizza cercando continue opportunità (caso PERICLE).

Andiamo a sistemare un pò questo portafoglio...

Ho deciso di mettere quasi completamente una pietra sopra all'investimento Argentino: come già specificato lo scorso semestre una cosa è valutarlo sulla base del panico locale della scorsa estate ed un'altra nel corso di una crisi globale come nel 2020. Per fortuna ho diversificato esponendomi in maniera marginale.
Vado quindi a rimborsare in perdita Transportadora de Gas del Sur. Cresud SA, Pampa Energia SA e Grupo Financierio Galicia, con circa 60 euro di spese di negoziazione visto che opero su mercati esteri.
Ne ottengo 1708 euro netti e 1434,23 euro di nuova MINUS, che arriva a totalizzare 1850,38: spero di poterla sfruttare a breve!

Con la liquidità disponibile (3183,96) ho deciso di andare a fare "value averaging" su asset già posseduti:
- compro una piccola quantità (40 quote al prezzo di 661,8 euro) di SPDR MSCI World Energy: il portafoglio è probabilmente sovraesposto all'energetico (sicuramente presente pesantemente anche in altri ETF di indici mondiali), però si tratta di un portafoglio aggressivo ed opportunistico... e investire nell'energetico nel 2020 mi sembra un approccio aggressivo ed opportunistico!
- aggiungo 55 quote di WisdomTree Global Quality Dividend Growth: la presenza di titoli "growth" è esigua in questo portafoglio, e questo ETF a strategia tematica ne contiene un pò. La spesa totale è di 1275,5 euro.
- compro poi 25 quote di Vanguard FTSE 250: l'investimento sugli UK mi sembra cogliere anch'esso l'opportunità di valutazioni decisamente al di sotto delle medie storiche. Il costo è di 758,5 euro.

La situazione finale (mediati i prezzi di carico dei 3 titoli) è la seguente:

La performance del nostro PERICLE è di -0,22% rispetto al 19 giugno 2019, il capitale iniziale è passato da 100087,61 agli odierni 99864,465 euro.
La prossima revisione tra 3 mesi.

P.C. 19.09.2020

giovedì 17 settembre 2020

Oltre la Duration: perdura l’inefficienza dei cosiddetti investimenti “Income”

Un mese fa, il 9 agosto, ho parlato di Tassi d’Interesse e Duration nei prodotti principalmente obbligazionari. 

Vado oggi oltre questo discorso iniziando a ragionare di strategie d’investimento che, intraprese in un momento tanto anomalo di tassi d’interesse globali (in realtà dal 2015 in poi hanno avuto simili problematiche), possono rivelarsi molto più rischiose e speculative di quanto si immagina.

Parliamo della strategia “INCOME” propria di moltissimi fondi a gestione attiva e flessibili (Fidelity Multi-Asset Income Fund, First Eagle Amundi Income Builder, Goldman Sachs Global Multi-Asset Income Portfolio, Eurizon Multiasset Reddito, Blackrock Global Income Fund, Invesco Global Income, Allianc Bernstein All Market Income Portfolio, Allianz Selective Global High Income etc… etc… praticamente tutte le società di gestione del risparmio hanno i loro).

Ovviamente non esistono delle regole fisse relative ad una strategia ‘Income’; generalmente questi fondi si propongono di fare una selezione sulla base di fondamentali di titoli azionari sottovalutati dal mercato rispetto agli utili distribuiti ed ai valori contabili delle attività (cosiddette azioni “Value”) oppure cercare nell’obbligazionario titoli con elevata cedola (fixed Icome) oppure con un rapporto secondo il loro giudizio ottimale tra utile distribuito e “rischio”. I più azzardati cercano massimo dividendo assoluto (es. ‘Dividend Maximizer’) o massima cedola assoluta. Ovviamente in un mercato molto liquido, dove milioni di operatori professionali sono attivi ogni istante per guadagnare su qualsiasi minimo spazio che il mercato offra, di solito se una cedola o dividendo è ‘alto’ in tempo di carestia di rendimenti, un motivo c’è.


L'evoluzione del capitale investito in vari fondi "Income" di diversa strategia di gestione, dall'inizio del Quantitative Easing della BCE (primavera 2015).

Questo ‘mandato’ che l’investitore affida ai gestori ed alle società di gestione del risparmio gli consente spesso (ma non sempre) un’autonomia di gestione più ampia e flessibile. In alcuni casi si arriva al famigerato “Total Return” o “Absolute Return”: non utilizzo più come parametri di benchmark un’asset allocation (es. mandato di investire il 50% in titoli azionari globali di paesi sviluppati ed il 50% di titoli di stato ed obbligazioni con buon merito creditizio), ma semplicemente un generico obiettivo di “fare meglio del rendimento del mercato monetario” oppure “gestire gli investimenti in maniera flessibile con un tot di volatilità e di obiettivo di rendimento assoluto”. Questo vuol dire che il gestore e la società di gestione ha ampio spazio per fare come vuole, applicando tecniche proprie anche dei fondi hedge (poi tornerò in futuro sulle criticità dei fondi ‘flessibili’) o sovraesponendosi verso l’azionario, l’obbligazionario ad alto rischio o l’uso di derivati. Anche quando questo problema non si pone e/o un benchmark esiste il primo mandato delle strategie ‘Income’ è quasi sempre assicurarsi un buon flusso di distribuzione.

Questa distribuzione in alcuni casi viene utilizzata con una strategia molto ben concepita (penso al popolare Invesco Pan European High Income) all’interno del fondo stesso, in altri casi viene accreditata come ‘distribuzione’ all’investitore passandola per rendita. 

C’è però una certa differenza tra la rendita/dividendo generata dal mercato (es. un ETF a distribuzione) e la rendita/dividendo generata da un fondo Income, soprattutto se molto flessibile. Diciamo che è un pò la differenza che c’è tra bere acqua di sorgente (che può anche avere un gusto non perfetto per via di qualche minerale o contaminazione… per carità) e bere una bibita gassata industriale… piena di additivi e ben lontana da quello che realmente ci disseta. Oltre al costo, ovviamente. 

La criticità in questo momento è data dalla scarsa redditività offerta dal mercato soprattutto dei titoli di debito (interessi su prestiti, obbligazioni, titoli di stato). Se in un periodo di tassi elevati ed elevata inflazione il nostro gestore ‘Income’ ha molto spazio per trovare un margine di soddisfazione per la sua strategia ed il suo mandato (banalmente se voglio dare una ‘cedola’ del 4% al mio fondo e i Treasury Bond a 10 anni rendono il 4% ho facile gioco a riempire il fondo di titoli governativi con elevato merito creditizio e tendenzialmente difensivi sul mercato), in un periodo di penuria diventa molto più complesso produrre buone bibite genuine se l’acqua è pochissima, costosa ed inquinata.

Questo concetto deve essere compreso al di là della Duration che trattai nel mio precedente intervento. Si faccia attenzione che non affermo che tutte le strategie Income faranno un cattivo lavoro, saranno punite dal mercato e che nessun gestore attivo ci “azzeccherà”, ma sostengo che il livello di reale “rischio” su cui viaggiano queste strategie oggi, anche sterilizzando dalla duration molti strumenti contenuti, non può essere quello del 2013 o del 2018.

Banalmente troviamo un approccio Income in portafogli da me simulati come Aracne e, indirettamente tramite la ricerca di distribuzione, in Annibale, Deucalione e parzialmente anche Dedalo. Tuttavia questi non sono pressati da esigenze “commerciali” come alcuni “prodotti finanziari” di largo consumo (l’esigenza commerciale può essere quella di avere una distribuzione molto alta, che in questo periodo ancor di più andrà a erodere e minacciare un capitale oltretutto gravato da costi di gestione, per poter dare al ‘pubblico’ quello che desidera ma fa fatica a trovare: un bell’investimento con cedole abbondanti ed apparentemente a rischio contenuto), né così ‘flessibili’ (con l’uso di derivati, ribilanciamenti frequenti, cambiamento di ponderazione tra gli asset etc..).

Vado a fare un esempio concreto per capire quale è la criticità di un approccio Income nell’attuale situazione di mercato (altrimenti è aria fritta). Ipotizziamo che io sia un gestore di un fondo Income con un discreto margine di flessibilità, come mandato ho l’inserire in portafoglio strumenti con un livello di cedola più alta possibile parametrandola al rischio di mercato del titolo, espresso generalmente con indici di volatilità. 

Cosa trovo oggi sul mercato che fa al mio caso? Ad esempio per incrementare le masse del fondo a seguito di una sottoscrizione odierna ingente proveniente da nuovi sottoscrittori?

IT0005120313 Banco Bpm Tv Eur3m+4,375 Lg22 Sub Tier2 è un’obbligazione corporate di debito subordinato Lower Tier2 (le famigerate obbligazioni subordinate bancarie) che rispetta dei criteri di cedola relativamente elevata se correlata con una duration minima (scade tra 22 mesi ed ha una correlazione con indici variabili come l’euribor 3 mesi). Pur essendo una subordinata possiamo considerare il corso (la volatilità attesa) relativamente stabile considerando la scadenza breve.

E’ quindi un candidato ‘perfetto’ per un portafoglio INCOME gestito “cum grano salis”. Anche nel caso di questo investimento, tuttavia, si tratta di andare a sottoscrivere un titolo che è sul mercato a 103,2. Parametrando la cedola al prezzo di carico il rendimento cedola è il 2,96% l'anno. Moltiplicato per il tempo residuo fa 2,96x22/12 = 5,426% di cedola fino alla scadenza. La cedola però è tassata quindi netto fa 4,015 netto. Dal netto però bisogna togliere il 3,2% in conto capitale che perdo raggiungendo la maturity del titolo comprandola oggi. 

Quindi in 22 mesi ottieni 0,815% netto. Se considerassimo anche lo 0,2% d’imposta di bollo abbiamo un rendimento inferiore al seppur minimo tasso d’inflazione. Insomma con un conto deposito rende di più e rischia meno.

Il discorso di questa subordinata può essere esteso ai fondi "INCOME" candidati a ricercare strumenti di questo tipo. Se oggi vado a sottoscriverli sto dando "mandato", su un prodotto spesso flessibile, al gestore di investire solo in titoli che abbiano un certo "yield"; di redditività.

Questo perché quello Yield deve alimentare un dividendo (che poi può essere capitalizzato o meno). Nell'attuale situazione quindi il "povero"; gestore va a comprare la BPM LT2 4,75%+TV, perché è una delle poche sul mercato che ha una 'cedola'; del 4,75% (meno l’euribor negativo) ed una duration cortissima (sostanziale impermeabilità ai tassi d'interesse... scade nel 2022). Il prodotto mi genera una cedola del 2,96% l'anno (permettendo al fondo, per esteso, di staccare 'cedola'), ma la sua 'vera' redditività da qui al luglio 2022 è del 0,8%. Ovvero tra le cedole nette e l'ipotetico NAV del fondo che ha fatto questo tipo di operazioni ci sarà nei prossimi due anni guadagno, ma ridottissimo. In altre parole quello che si prende di cedola lo si paga in capitale. E lo si paga a luglio 2022... se tutto va bene con il debito subordinato (e diciamo che su questo specifico titolo magari va bene, ma il fondo ne compra centinaia e qualcuno che salta o soffre c'è, andando a ridurre quello 0,8% o andandolo ad azzerare o andando in perdita). Ma la cosa peggiore è che da qui al 2022 se si scatenano problemi sul debito un fondo simile può scontare molto a livello di NAV... è un rischio che vale la pena correre per uno 0,8% netto reale? O a questo punto non è meglio metà conto deposito e metà azionario?

Ecco, credo di aver condiviso i miei dubbi su una strategia Income (pur simulata per il titolo preso in esame con una redditività comunque absolute return positiva da qui a 22 mesi e con una duration ridottissima… in altre parole c’è molto di peggio) in una situazione come l’attuale di ‘stampa’ forse anche sconsiderata di debito sovrano, di ‘recovery fund’ di ‘elicopter money’ e di produzione in forte battuta d’arresto.

La chiave può essere più su un ‘Income’ ricercato nel guadagno da investimento in conto capitale.

Il problema dell’azionario “Income” è diverso ma può potenzialmente sommarsi (in maniera letale) a quello da titolo di debito. Cosa fa un fondo ‘Income’ che per mandato va a selezionare azioni con un approccio di tipo “value”, con l’obiettivo di acquistare titoli con uno sconto rispetto al loro valore intrinseco? (ho citato alla lettera la ‘mission’ riportata da morningstar su un fondo Amundi Income Builder).

Ovviamente va a scegliere aziende con valore di mercato basso rispetto al dividendo distribuito, le cosiddette “high dividend”. Ora, abbiamo assistito in questo complesso 2020 ad un’improvvisa decorrelazione tra asset class. Da anni, anche su questo Blog, lamento i rischi dell’eccessiva correlazione (si leggano le mie osservazioni postate il 16 febbraio 2019 risalenti però ad un anno prima), oltre ad aver fatto valutazioni su questa ‘crisi degli Income’ accompagnata da progressivi ribassi dei tassi. 

Questi scenari di ‘va tutto su’ e ‘va tutto giù’ si sono parzialmente infranti nel 2020: alcuni asset “tradizionali” che possono considerare su settori merceologici maturi (assicurazioni, energetico, immobiliare etc…) hanno subito uno storno pesante, altri settori più innovativi sono rimbalzati con maggiore facilità ed entusiasmo. Il punto è che, appunto, il dividendo alto si trova dal rapporto prezzo/distribuzione comprando anche cose molto svalutate (crollate). Le prospettive di recupero per gli asset “value” nei prossimi anni sicuramente esistono, l’importante è che, visto che i dividendi globali sono scesi (il crollo del PIL pesa ovviamente) la “strategia” di chi ha in mano un fondo Income flessibile non diventi quella di sostituire azioni sempre più svalutate rispetto al loro dividendo per mantenere il dividend yield (rapporto distribuzione/prezzo di acquisto) elevato, insomma non si vada a rischiare di scambiare la moneta buona con la cattiva, anziché aspettare un recupero della prima (cosa che farebbe un indice ‘passivo’ su investimenti globali o settori value), per mantenere l’effetto “cedola” o “massimizzazione del dividendo” nel nostro fondo Income.

La traduzione di tutti questi rischi può comportare un incremento anziché una riduzione dello spiacevole effetto “mi stai ridando i soldi miei” ovvero prendo 3 di cedole/dividendi e scende di 5 il capitale.

P.C. 17.09.2020

lunedì 14 settembre 2020

TALO: il portafoglio concentrato su un Focus che si è rivelato decisamente avverso nei suoi primi 7 mesi!

Dopo DECIO e ATLANTE proseguo la serie dei portafogli che hanno effettuato il loro investimento cosiddetto "All In" in un momento assolutamente sfavorevole, 'azzeccando' uno dei peggiori timing del decennio.

TALO, per maggiore sciagura, abbina al timing sbagliato la strategia di investimento "a focus" che tende a concentrare, anziché diversificare, il rischio. Per sua massima sfortuna il Focus è stato su due asset che, non lo avremmo mai potuto immaginare il 12 febbraio 2020, più di altri sono stati svalutati dalla tempesta della Pandemia Globale.

L'interessante analisi di correlazione/compensazione tra asset come l'obbligazionario di paesi emergenti e l'azionario Europa, si scontra purtroppo con una Pandemia che, da un lato ha colpito l'Europa con maggiore forza, perché lì si è concentrato l'effetto del Coronavirus nelle prime drammatiche settimane di chiusura prima che i provvedimenti monetari dei governi giungessero a sortire un effetto, trascinando ancor oggi una performance da inizio anno peggiore per l'azionario europeo che per altre aree geografiche (es. USA). In secondo luogo l'obbligazionario emergente è stato colpito dal crollo storico delle materie prime (petrolio in primis) correlate con il debito di alcuni paesi dell'insieme, e con la svalutazione delle valute più vulnerabili di questi paesi: il crollo dell'obbligazionario emergente di metà marzo non è stato ancora riassorbito interamente dopo 6 mesi.

TALO è a mio avviso un'ottima scuola su come comunque può e deve essere affrontato un investimento, in strumenti efficienti e diversificati, anche sbagliando clamorosamente strategia (con un focus che concentra nel punto sbagliato il rischio) nonché timing (ingresso due settimane prima di un finimondo).

La situazione di TALO, dopo 7 mesi, è la seguente:


TALO ha comunque raccolto, in questo difficile anno, 1356,96 euro netti di dividendi, che, come da mandato, devo andare ad accumulare nei due ETF JPM Emerging Sovereign Bond e VanEck Vectors Emerging Markets High Yield.
Del primo acquisto 7 quote al prezzo di 89,91 euro, per una spesa totale di 634,37 euro.
Del secondo acquisto 7 quote a 96,59 per un esborso totale di 681,13 euro.
Rimangono 41,46 euro liquidi.

La situazione finale di TALO è la seguente:

Posso fare delle osservazioni interessanti sugli asset di questo portafoglio:
1- L'Europa è stata molto sfavorita come mercato azionario, le aziende di tipologia "Value" sono state sfavorite rispetto alle Growth e la Sterlina è stata sfavorita rispetto all'Euro. Questo si riflette alla perfezione nel portafoglio: Glencore e Mondi (azionario europeo, in sterline di segmento 'value') sono gli asset più disastrosi del portafoglio. Hermes International, l'unico titolo "Growth" è l'unico in guadagno.
2- L'azionario europeo e l'obbligazionario emergente in dollari hanno performance assolutamente paragonabili (non considerando però i dividendi che migliorano notevolmente la performance dell'obbligazionario emergente). I due obbligazionari emergenti che hanno accumulato, ed accumulato un dividend-yield notevole per via del significativo rischio, sono quelli andati meglio.

Il grafico crescita EMB - EMU di 7 mesi fa è piuttosto eloquente nella direzione che ha preso questo focus di asset apparentemente complementari:

Ovviamente la criticità che porta in 7 mesi il capitale di TALO ad una performance di -8,56% è l'essere entrati praticamente sulla cuspide che ha preceduto il crollo.

Ritengo che TALO debba essere uno stimolo per chiunque per rendersi conto che si può investire con relativa 'serenità' con strumenti sani ed efficienti osservando un metodo di gestione dell'emotività tramite revisioni periodiche, cosa che dovrebbe fare a mio avviso un 'buon' consulente.
Questo perché TALO si presenta, pur con la sorte più avversa possibile, con una "perdita" tutto sommato a singola cifra.

Il prossimo appuntamento con questa interessante strategia e i suoi trend avvolti in due linee apparentemente complementari ma simmetriche, mai sovrapposte, è a metà aprile del 2021.

P.C. 14.09.2020

mercoledì 9 settembre 2020

Il TETRAKTYS: 4 portafogli globali diversificati 'Lazy'

Ho deciso di proporre una nuova simulazione di portafogli modello molto semplici, ma mi auguro, affatto banali, per i quali mi ispiro questa volta (per puro sfoggio di padronanza degli strumenti) ad una similitudine pitagorica.

Andiamo ad analizzare, con il nostro Tetraktys le potenzialità di strumenti come gli ETF testate al massimo della diversificazione con il minimo degli strumenti: l'utilizzo secondo modelli "Lazy" e strategie pre-programmate di ETF molto ampi ed aggreganti un gran numero di titoli ed asset diversi.

Il modello pitagorico è quello della piramide nota come Tetraktys dalla quale si giunge da un elemento molto semplice ed essenziale (quasi immateriale) ad uno più ampio e solido.

Nel nostro esempio passiamo da un portafoglio mono-ETF (pur non banalissimo) ad uno a due ETF interpretabile come una sua derivazione, ad uno a tre ed un ultimo a quattro.

Sempre ispirandomi alla filosofia della Magna Grecia utilizzo gli elementi per denominarli: Fuoco, Aria, Acqua e Terra.


FUOCO:

Il portafoglio mono-ETF utilizza un unico strumento, il IE00BF1B7389 SPDR All Country World Index Euro Hedged.

L'ETF è un aggregatore di 2419 titoli azionari, diversificato a livello globale (58% USA) ed a livello di settore merceologico (il più rilevante è l'informatica con un 21%).

La strategia di Fuoco è molto semplice: il classico Piano d'Accumulo, spalmato su revisioni ogni 4 mesi che trasferisce un 50% del patrimonio iniziale investito in liquidità di conto corrente (priva di rendimento, consideriamo) nell'acquisto di quote dell'ETF per 25 revisioni di 4 mesi, fino al gennaio 2029. L'importo investito ogni volta sarà di circa 2000 euro.

Fuoco parte quindi come un portafoglio 50% Azionario Internazionale e 50% Liquidità, ad evoluzione tramite cost-averaging quadrimestrale del 2%, con rischio valuta che possiamo assumere pari a zero (anche se non è esattamente zero) grazie all'hedging dell'ETF azionario.


ARIA:

Più impassibile di fronte alle trasformazioni, sebbene con medesimo schema (grossomodo) di asset allocation 50/50 è Aria. Parliamo in questo caso di un investimento diviso al 50% tra 2 ETF, il iShares Core Global Aggregate Bond Euro Hegded (aggregatore di titoli di stato e bond societari globali con copertura valutaria) ed il Vanguard FTSE All Country World Index. Questa semplice suddivisione in due asset racchiude un'estrema spalmatura interna, su 3477 titoli azionari e 5881 titoli obbligazionari.

La strategia è diversa da fuoco: un semplicissimo buy&hold, completamente 'pigro' da mantenere fino al gennaio 2029. La gestione di questo portafoglio si limita alla semplice osservazione (ed a qualche analisi). Abbiamo in questo caso portato la copertura valutaria solo al 50%.


ACQUA:

Passiamo un ordine nel nostro Tetractys e già una simulazione a 3 ETF ci apre la porta alla strategia. Pur mantenendo una simile asset allocation iniziale 50/50 assumiamo una diversificazione qualitativa nell'azionario globale. Ad un Vanguard FTSE ACWI High Dividend, che rappresenta "solo" i 1650 titoli ad alto dividendo dell'ormai noto indice globale, abbiniamo come obbligazionario il SPDR Global Aggregate Bond con copertura valutaria verso l'euro e a distribuzione ed abbiniamo un pò di strategia con uno smart-beta, il iShares MSCI World Momentum Factor.


La strategia di gestione è quella di un portafoglio bilanciato ad evoluzione con 'focus' momentum. In pratica 2 asset distribuiscono dividendo e questi proventi vengono accumulati ogni 4 mesi nello smart beta 'momentum'. Notiamo la suddivisione dell'azionario: il Vanguard è molto più diversificato, ma è basato su asset potenzialmente 'value' redditizi come proventi e un pò sottostimati dal mercato rispetto all'indice complessivo, invece il 'momentum' per sua natura preferisce spesso una selezione 'growth' e la transazione dei dividendi opera una doppia evoluzione: evoluzione obbligazionario/azionario (capitale di debito e capitale di rischio) e evoluzione value/growth (fondamentali/prospettive di mercato). Come abbiamo visto anche pochi strumenti possono nascondere una 'strategia' non scontata. Il bilanciamento iniziale è 35% sul Vanguard, 15% sul Momentum e 50% sull'obbligazionario, con una copertura del rischio valutario poco superiore al 50%.

TERRA:

Un ulteriore livello di evoluzione consente di iniziare a suddividere geograficamente i nostri asset. Terra rappresenta un altro portafoglio composto da strumenti ad accumulo che prevede una strategia buy&hold pigra in stile 'aria'. La differenza è che la ponderazione non è esattamente un 50/50, ma un 60/40 e la divisione è circa 25% azionario europeo (con il Lyxor Stoxx Euro 600), 21,5% azionario USA (iShares S&P500), 13,5% azionario dei paesi emergenti (iShares MSCI Emerging Markets IMI). La copertura valutaria verso l'euro è del 65% (2/3). Anche Terra, come Aria, affronterà revisioni quadrimestrali di rendicontazione ed analisi, più che di ribilanciamento.

Il primo rendiconto del nostro Tetraktys è previsto a gennaio 2021, alla fine delle festività.
La durata è di 25 quadrimestri: fino al gennaio 2029. Si tratta quindi di un investimento di medio-lungo termine, adatto a strumenti che per via di una copertura valutaria non sempre ottimale e di un bilanciamento tutt'altro che perfetto (si noti che in logica di massima diversificazione con minimo numero di titoli si utilizzano gli aggregatori globali nell'obbligazionario che hanno duration non proprio favorevole ad un timing d'ingresso a tassi molto bassi) possono considerarsi a rischio contenuto solo se se ne osservano i risultati dopo 6-8 anni.
La vulnerabilità di questi portafogli (dovuta ad una forte diversificazione interna, ma a pochissimo spazio di manovra consulenziale) è dovuta quindi a prospettive cicliche avverse di lungo termine: nel caso fossimo sul minimo di una curva dei tassi in risalita (anche se il global aggregate ha duration contenuta dal medio-lungo orizzonte temporale) e/o cicli lunghi di depressione dei mercati.
In ogni caso impareremo da questa analisi come sia semplice realizzare, ma non banale gestire, questo tipo di investimenti contenuti come numero di titoli.

P.C. 09.09.2020

sabato 5 settembre 2020

Le Età dell'Investitore

Tempo addietro su un forum di finanza ho dato una mia valutazione di alcune 'simmetrie comportamentali' che ho riscontrato in investitori medi per età.

Quel post mi è stato più volte richiesto e sembra sia piaciuto a diverse persone, quindi ho pensato di ripresentarlo anche sul Blog, pur trattandosi di 'chiacchiere da forum' e comunque di discorsi generalisti. 


"Per grandissime linee (e con notevoli eccezioni) ho segmentato l'approccio dei risparmiatori verso l'offerta per così dire "commerciale" di prodotti finanziari per età, cercando di evidenziare alcuni tratti abbastanza comuni della loro fascia.


Terza Età: 80-95 anni

Persone mediamente poco scolarizzate, erano giovani negli anni del boom economico (60 anni fa) che gli ha trasmesso una certa sicurezza e fiducia. Erano maturi nel periodo del benessere (40 anni fa) che li ha fatti stare bene. Oggi mediamente sono più ricchi delle generazioni precedenti. Alcuni per ignoranza diffidano, per altri invece il consulente, la banca, etc... sono istituzioni e si fidano. Data l'età hanno paura perché vulnerabili, ma poi una volta rassicurati hanno un certo distacco dal mondo (tra poco sarò morto, che devo farci?) e quindi non approfondiscono.


Seconda Età: 55-75 anni

Mediamente scolarizzati (diplomati/laureati), erano giovani nel periodo del benessere, hanno fatto carriera/guadagnato, hanno ereditato dai loro genitori della Terza Età (che avevano abitudini quali lasciare casa e beni ai figli). Si sono goduti di più la vita. Sono più informati, leggono i giornali, si focalizzano sulle idee politiche ed economiche, hanno una gestione mediamente evoluta. Non sanno andarsi a cercare le notizie, ma si fanno i calcoli. Non imparano a programmare ed a padroneggiare le nuove tecnologie capendo come funzionano, ma sanno utilizzarle se necessario e se magari qualcuno gli spiega l'essenziale. Cercano la qualità e la competenza, ma se percepiscono di averla ottenuta (non ho detto che la ottengono) si buttano anche più di quelli della Terza Età, perché hanno avuto accesso ai capitali (ad esempio hanno guadagnato stipendi pieni già a 20 anni, hanno ereditato 300mila euro di appartamento dalla zia a 50 etc...) e non hanno patito mai le ristrettezze (giusto i racconti del babbo di quando s'andava ancora in giro in bicicletta).


Prima Età: 30-50 anni

Molto scolarizzati (chi non ha un bel master in antropologia del marketing?), se la sono presi mediamente in quel posto (un pò meno quelli verso i 50). A 15-20 anni i loro genitori gli dicevano 'studia l'inglese ed avrai il mondo in tasca', ora tanti sono emigrati e tanti altri con il master sono andati a lavorarci nei call center. Tutto sommato hanno avuto meno di quanto si aspettavano, ma qualcosa hanno avuto, magari grazie al padre che (vedi sopra) avendo i mezzi gli ha comprato casa. Per questo stanno attentissimi alla gestione delle risorse: non se le sentono piovute dal cielo (anche se a qualcuno è capitato), l'acquisto va confrontato con Amazon, il volo va scelto Low Cost, la TV cambiata il Black Friday. Le nuove tecnologie le hanno acquisite, ma sono quelli che hanno più mezzi per fruirne, la qualità non solo la cercano (come il babbo), ma leggono pure l'opuscolo informativo e vanno su internet a guardare se è vero.


Nativi Digitali o quasi: under 25

La scolarizzazione scende, alta, ma dopotutto papà con la laurea c'è andato al call center... Al posto della cultura c'è invece l'informazione. E l'informazione è istantanea e segue canali che i padri intuiscono ma non seguono e i nonni neppure immaginano. Rapporto con le risorse ancora ne hanno poco, ma prima di averlo già si confrontano, oppure nel dubbio di essere 'fregati' non si muovono proprio. In banca non c'entrano proprio, dopotutto anche il babbo ne dice peste e corna e poi l'account digital dell'app fintech fa di meglio e gli da la carta virtuale. Consulente finanziario? Ma chi è sto vecchio?


Ora... è evidente che quando la Terza Età, tra 10 anni, sarà andata a stare meglio, il grosso della mucca da mungere per chi non fa un 'buon lavoro' a livello di consulenza sarà finito.

Rimangono quelli della Seconda Età, già oggi attenti ed esigenti (quelli che spesso sono passati dalla filiale al promotore, poi magari dopo un pò che non guadagnavano magari sono andati a cercarsi il consulente indipendente).

Tra vent'anni molte sostanze invece saranno in mano a quelli della Prima Età, che solo in minima parte (un 20% di polli fisiologici ci sarà sempre probabilmente, ma questo vuol dire una restrizione del 80% del mercato... un tutti a casa, se non si cambia approccio) saranno disposti ad avere un approccio che non sarà quello della linea low cost (tanta qualità a poco prezzo). Ecco, io vedo lì un potenziale diffondersi di Robot-Advisor e di Consulenti Indipendenti, sulla base di quelle che sono le offerte del mercato odierne (poi magari nel 2040 avremo le IA che danno consulenza).

Questo il mio 'allarme demografico' sul modo di lavorare (non se ne offenda nessuno, c'è pure il 20 enne che non sa usare il bancomat o nonno internet oppure quello di 95 anni con 3 lauree che insegnava mercati finanziari quando io stavo alle elementari, è però una statistica sulla base di un campionario 'empirico' di persone con cui ho avuto a che fare). "


P.C. 05.09.2020