Portafogli d'Investimento Teorici:

domenica 3 marzo 2019

Diminuzione della liquidità, crisi degli Income, ipotesi alternative
Da quando la FED ha accelerato la sua stretta monetaria (anche se ‘morbida’ secondo alcuni) chi si è trovato a gestire risparmio ha trascorso mesi difficili. A partire da febbraio abbiamo assistito a:
- Rialzo dei tassi e stretta monetaria sull’area dollaro (febbraio-giugno)
- Discesa dell’obbligazionario in valute emergenti (aprile)
- Impennata dello spread BTP/Bund che rischia di ‘intercettare’ una progressiva uscita dal QE dell’eurozona (maggio-giugno)
Questo non può non aver impattato sui mercati del reddito fisso, obbligazioni corporate e titoli di stato in primis. Soprattutto nei prodotti di risparmio gestito con una finalità di ‘income’ (generazione del reddito) i gestori negli ultimi tempi hanno, per prepararsi alla fine della bolla generata sulla liquidità dalle banche centrali, diversificando seguendo (tutti o quasi) dei criteri ‘da manuale’.
Può il gestore restituire ai propri clienti (ed ai propri capi!) un risultato peggiore della concorrenza? Sacrificare in una strategia income preziose cedole, dividendi ed altre fonti di reddito più o meno costante? No.
Nei manuali si parla molto di duration. La vita media residua dei titoli in un portafoglio (o fondo) ponderata con il flusso di cedole che verranno pagate in futuro.
Quindi si può ridurre la duration (abbassare la vita residua) del portafoglio non obbligatoriamente ricorrendo a titoli ad alto merito creditizio e breve scadenza (restituendo al cliente/committente rendimenti nulli o negativi di questi tempi), ma anche aumentando il rischio (e peggiorando il merito) in modo da ottenere cedole più alte. In altre parole i BOT ha duration breve (e rendimento nullo/negativo), ma anche un titolo di stato argentino a 100 anni, non ha scadenza 100, dato che le cedole sono così elevate che l’ipotetico investitore avrà il suo capitale ‘restituito’ dal flusso di cassa delle cedole in ‘soli’ 13-14 anni, data l’elevata cedola. E non rinuncia a generare flussi di cassa consistenti.
Ecco che i gestori di fondi income li hanno ‘inzuppati’ di high yield (inclusi titoli spazzatura che tuttavia continuavano ad essere scambiati sui mercati per via della frenetica ricerca di redditività), obbligazioni emergenti ed altri titoli più obbligazionari più volatili (rischiosi). Quando non hanno utilizzato derivati a ‘copertura’ che però sono spesso scommesse, e se mancano l’obiettivo anche di poco, magari non remunerano.
Che cosa è accaduto quando la liquidità è venuta a mancare? Perché andare a rischiare prestando i soldi ad una società con un piede nella fossa se il TBond dello zio Sam sfiora il 3% a 10 anni? Ed ecco la crisi dei fondi nati per generare reddito. Oltre alla calcolatrice per i gestori si raccomanda anche un pò di buon senso.
Alternative? Beh, la perdita sull’obbligazionario, il ‘prudente’ è stata più significativa dell’azionario, tanto da spingere alcuni a valutare con occhio diverso quei titoli azionari più solidi e ricchi di fondamentali di valore, che possono definirsi a ‘bassa volatilità’.
Ed ecco alcuni titoli interessanti:
Ovvero: se l’obbligazionario corporate è molto sensibile al rialzo dei tassi, e l’high yield può svalutarsi quando la liquidità si ritira, perché non scegliere un portafoglio di titoli high yield secondo precisi criteri qualitativi? Non tutti gli high yeld sono bond ‘spazzatura’, esistono anche i Fallen Angels. Che sono? Un ‘angelo caduto’ è un obbligazione (corporate, quindi aziendale) che possedeva un rating di investment-grade, ma da allora è sceso a ‘bond spazzatura’ a causa dell’indebolimento della situazione finanziaria dell’emittente. Si ritiene quindi che possano recuperare da queste sfide di breve periodo, più di altri titoli high yield.
Nota: in questa prima metà del 2018, in cui l’obbligazionario ed il corporate hanno affrontato serie difficoltà questo fondo è positivo a +0,4%.



IE00BYYXBF44 Invesco Emerging High Dividend Low Volatility Total Return
Un etf che persegue, oltre alla distribuzione del dividendo da parte di bond emergenti, anche una strategia total return di bassa volatilità, pur trattandosi di mercati emergenti. Già, perché laddove le regole ‘classiche’ dei mercati finanziari sembrano ribaltarsi e l’azionario appare più stabile dell’obbligazionario, perché mai un titolo azionario ad alto dividendo (come quello del comparto emergente!) se selezionato sulla base di titoli a bassa volatilità, dovrebbe offrire una esposizione al rischio tanto maggiore di titoli obbligazionari, magari esposti ai tassi, o con pessimo rating quali molti high yield?
Nella prima metà del 2018 la performance del titolo invesco è stata positiva di +1,5%.
IE00B0M63060 Ishares UK Dividend Plus GBP
Entrare nell’azionario britannico? In sterline? Con il brexit? Può sembrare una follia, ma in questo periodo di scarsa decorrelazione ed alta volatilità è spesso la decorrelazione un valore aggiunto che si ricerca. Nella battaglia Euro/Dollaro la sterlina diventa un terzo incomodo, solitamente con un corso abbastanza stabile ed apprezzato verso le valute del vecchio mondo. L’azionario britannico ha risentito della brexit, può risentirne ancora, non sappiamo bene quanto, ma si potrebbe aprire di più ai mercati del commonwealth, fare da ponte verso l’oriente in un periodo di prospettive di guerre doganali, e fare da ponte con paesi ricchi di materie prima che in questo momento… guarda un pò, sono alle stelle. Per me questo titolo è un vecchio amico, abbandonato solo poco prima del brexit. Le cedole che distribuisce trimestralmente sono assolutamente interessanti (soprattutto quando si svaluta l’euro!).
Oltretutto, mentre tanti Income collassavano, nella prima metà del 2018 è cresciuto del +2,7%
IE00BWTN6Y99 Invesco S&P500 Low Volatility High Dividend TR USD
Può essere in questo momento un buon abbinamento per l’altro azionario bassa volatilità del mercato emergente. Ricordiamo che lo S&P500 è prossimo ai massimi storici, ma come strumento di diversificazione basato sulla medesima strategia, in vista di una possibile risalita del dollaro e selezionando i titoli a più bassa volatilità e quindi più difficilmente coinvolti in una possibile bolla… è un candidato assolutamente interessante ad entrare nel nostro portafoglio.
-1% da inizio 2018.
IE00B0M62S72 Ishares Euro Dividend ETF
Se stiamo costruendo, con i titoli di cui sopra, un bel portafoglio a distribuzione che sostituisca (ed abbia dimostrato maggiore ‘resilienza’) i fondi Income classici colpiti duramente dalle difficoltà degli obbligazionari tipicamente più redditizi, a questo punto non possiamo dimenticare l’europa. Dopo emergenti e dollaro c’è da fare una scelta a dividendo solida. Questo fondo, a dividendo trimestrale, è un ottimo candidato, un prodotto di buona qualità che ha dimostrato anche in passato la capacità di mantenere un corso assolutamente stabile. Il segreto è la concentrazione in un mercato Large Cap di aziende selezionate per solidità.
-1,3% da inizio 2018.
IE00B4X9L533 HSBC MSCI World
Un ETF indicizzato, azionario mondiale. Quale sono le sue peculiarità, che lo rendono interessante nel breve elenco in oggetto? Sicuramente, similmente a tutti gli altri azionari MSCI World segue l’andamento dell’azionario mondo. Trattandosi però di Azionario Mondo, è un particolare invesitmento che ‘condivide il rischio’ con il mondo intero. Una grave crisi può arrivare, nel 2008 questo indice si è deprezzato del 40% e più… ma a livello di mondo, diversificato, prima o poi il recupero dalla crisi deve arrivare (anche se qui l’economia USA pesa parecchio). Altre caretteristiche interessanti di questo titolo particolare sono che è negoziato da quella che è probabilmente la più grande banca del mondo (HSBC), che ha una tendenza spiccatamente Large Cap (la concentrazione è leggermente superiore al Lyxor MSCI World, ma si concentra su grandi aziende solide), soprattutto che il commissionale è ridotto anche per un ETF indicizzato: 0,15% l’anno. Questo gli guadagna le 4 stelle Morningstar (ad oggi), ma, soprattutto, permette durante le lunghe attese di un eventuale mercato ribassista, di non deprimere troppo l’investimento lasciandolo in pasto alle commissioni di gestione. Ultimo elemento, che lo fa accedere di buon diritto nel nostro elenco, è la spiccata propensione per la distribuzione: stacca 4 dividendi l’anno, uno ogni 3 mesi. Questo gli consente di ottenere un posto in un portafoglio a distribuzione, ma, soprattutto con un dividendo periodico le attese si fanno più dolci.

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