Portafogli d'Investimento Teorici:

domenica 3 marzo 2019



ETF sintetici e fisici

Con Mifid2 che s’aggira per l’Europa, spostando sempre più masse verso strumenti più snelli dal punto di vista del rapporto costi/benefici quali gli ETF, l’aspro litigio tra i CEO di Blackrock (Ishares) e Societé Generale (Lyxor) ravviva un discorso a me caro: la modalità di replica degli ETF (e sarebbe bene estendere l’analisi a tutto il risparmio gestito!!).
In origine furono le mortgage backed securities (rievocate, con le loro ombre, da  Laurence Fink nell’attacco rivolto ai rivali di Société Générale pochi giorni fa). Che robe erano/sono? Le nostrane Asset Backed Securities sono prestiti obbligazionari garantiti da ipoteche su beni immobili, diritti per così dire ‘cartolarizzati’ (trasformati in carta e venduti, insieme, ovviamente, al diritto all’interesse relativo).
Quello che l’avidità umana seppe costruire fino a dieci anni fa su tali cartolarizzazioni ha dell’incredibile. 
In generale sappiamo che le obbligazioni rappresentano un finanziamento fatto ad una controparte (una banca, un’azienda o nel caso dei titoli di stato un paese) dietro l’obbligo (da cui il nome) di restituirmi il capitale secondo certe regole. Le asset-backed sono legate non tanto all’emittente (o non solo), ma ad un bene sottostante che paga (es.rendite immobiliari) o altri debiti (in questo caso si chiamano CDO) se prive di garanzie accessorie nel caso in cui il sottostante non paghi l’obbligazione salta, peggio ancora obbligazioni collateralizzate sintetiche (CDO sintetici) che hanno come sottostante derivati che sono in parole povere scommesse sulla solvibilità di altri debiti. 
La crisi del 2008 venne generata per larga parte dalla ‘sintetizzazione’ di tali contratti basati su debiti (i famosi mutui subprime) che alla fine divennero, per alcune banche, veri e propri ‘azzardi’ (CDO sintetici e addirittura al quadrato) sull’andamento di tali debiti.
Questa abitudine di replicare un sottostante (o un andamento) non tanto… replicandolo, bensì tramite derivati che ne replichino l’andamento, è da tempo criticata per l’uso che se ne fa nei fondi e nelle sicav, e, soprattutto, negli ETF.
Come funziona un ETF?
Un ETF replica (o meglio dovrebbe replicare) un Indice. Il metodo più comune di replica è la replica fisica.
Questa si divide in tre sotto-branche:
Replica Fisica Totale: l’etf acquista lo stesso paniere di titoli preso in considerazione dall’indice, e con la medesima ponderazione, replica quindi completamente l’indice. Ad esempio, l’indice Euro Stox 50 rappresenta le 50 società più grandi della zona euro, se un ETF lo replica fisicamente in maniera totale dovrà acquistare gli stessi titoli dell’indice nelle medesime proporzioni.
Replica Fisica a Campionamento: per indici molto vasti e che includono piccolissimi titoli (pensiamo ad un mercato nazionale, in cui sono quotate anche società più piccole), l’ETF può replicarlo acquistando solo i titoli più rilevanti, considerando ininfluente il peso di quelli più marginali.
Replica Fisica Ottimizzata: non tutti i titoli a campionamento sono però egualmente rilevanti nella performance finale dell’indice, alcuni possono essere più neutrali di altri, perché magari nonostante le dimensioni investono in settori de-correlati dagli altri. Nasce quindi, mediante modelli di analisi quantitativa, una metodologia già un pò più ‘strutturata’: la replica fisica ottimizzata. Questa ha il vantaggio di risparmiare diversi costi che incidono nel tracking error. Il rischio è legarsi a strategie più o meno aggressive di ottimizzazione, ed iniziare a discutere di ‘qualità di replica fisica’.
Questi tre esempi, comunque, trattano sempre di una replica fisica. Nell’ETF ci sono sempre i titoli dell’indice, e questi rappresentano il ‘patrimonio’ concreto del sottoscrittore del fondo.
La replica sintetica, invece, avviene tramite contratti di Swap, ovvero derivati. Nell’ETF non ci sono i titoli dell’indice, ma una serie di contratti con alcune controparti (generalmente banche) chiamati Swap. Come funzionano gli Swap? L’ETF acquista dalla controparte il flusso di cassa (guadagno o perdita) ad una certa data derivante dall’investimento in un certo bene. Nell’esempio banale dell’Eurostox 50 non c’è bisogno acquistare i 50 titoli, bensì contratti con banche che ad un certo periodo restituiscano il guadagno o la perdita dei 50 titoli. Ovviamente la controparte può fallire (questo lamentava Fink) prima che il contratto sia concluso: nessuno onorerà allora lo swap. Per sicurezza, quindi, un ETF non può esporsi più del 10% verso un’unica controparte tramite swap. I costi dell’acquisto e della continua negoziazione di migliaia di titoli (per alcuni vasti etf) si riducono, l’errore sistematico di repliche fisiche non totali, in teoria anche. Subentra però un rischio di controparte e, in generale, il rischio di non avere un sottostante fisico nel NAV, bensì dei contratti derivati ‘sintetici’.
E’ inutile dire che le controparti che mettono a disposizione swap sono ovviamente remunerate per il servizio, e quindi questa ‘fornitura di servizi agli etf’ che raccolgono masse per Trilioni di Dollari, è ormai un mercato redditizio di servizi finanziari.
E’ uno dei motivi per cui il portafoglio all-ETF che ho proposto qualche tempo fa (Deucalione) prevede una replica fisica al 92,5%, e si affida a ETF a replica sintetica esclusivamente per indici oggettivamente ENORMI (il S&P 500 DIST. e il MSCI Europe) che anche per via della loro volatilità, richiederebbero sicuri costi di gestione per un tale quantiativo di titoli (o il rischio di incorrere in repliche ottimizzate non così ottimizzate!).
La domanda è: gli stra pagati (almeno rispetto a me) gestori di fondi blasonati, hanno lo stesso scrupolo nell’accertarsi che i soldi loro affidati dai clienti della società che tanto li paga siano investiti in contenitori con una base fisica di replica sottostante? Oppure amano di più ‘rischiare’ con swap, controparti al grande tavolo da gioco dei mercati?

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