Portafogli d'Investimento Teorici:

sabato 26 settembre 2020

Del perché diffidare di strategie flessibili ed “hedge”… [Parte 1: l’avventura dei signori Scholes&Merton e del fondo LTCM]

 Nell’offerta di prodotti finanziari molti consulenti si prodigano di suggerire degli strumenti d’investimento molto complessi ed avanzati, che per medi periodi d’investimento appaiono ‘miracolosi’ e capaci di generare un profitto superiore al mercato e completamente decorrelato da questo.

Chi banalmente ha investito dieci anni fa nel Nasdaq ed è oggi in gain del +680% sul suo investimento non ne comprenderà probabilmente l’utilità, ma non tutti i periodi storici sono stati caratterizzati da bassa inflazione, ampia disponibilità di capitali a buon mercato e crescita dei mercati azionari come il decennio appena trascorso.

In periodi più foschi è normale che gli apprendisti stregoni abbiano più facile gioco nel vendere soluzioni ‘alternative’. Dopo aver assunto dietro buona retribuzione fisici teorici prestati alla dottrina cosiddetta “Quants” del mercato ed aver creato strutture aziendali che gestiscono grosse masse d’investimenti, poi, banche e società di gestione del risparmio continueranno a produrre prodotti per così dire “molto strutturati” (e spesso ricchi di commissioni) e cercare di venderli. Dappertutto… ai Gordon Gekko dei mercati mondiali, ma probabilmente anche alla signora Mariuccia nella filiale sotto casa (passando ovviamente per consulenti e promotori in abiti impeccabili e dalla view sempre positiva sul mercato).

Nel 1993 i mercati finanziari internazionali non avevano a disposizione quella liquidità a buon mercato che abbiamo oggi… i tassi LIBOR sulla sterlina inglese (andati alle stelle durante il “mercoledì nero” dell’anno precedente) arrivavano al 7%, per un periodo la Banca d’Italia dovette alzare il tasso di sconto fino al 15%. In Giappone era scoppiata nel 1990 una bolla speculativa che toccò nel 1993 con un crollo di oltre il 60% dell’indice di mercato.

In questo anno due grandi geni della matematica quantitativa, Myron Scholes e Robert Merton, si proposero di trasformare il celebre “modello Black-Scholes” in una macchina per fare magicamente soldi.

Il modello Black-Scholes è alla base delle tecniche cosiddette di “Hedging”: eliminazione matematica del rischio di un’attività finanziaria ricorrendo a strumenti derivati. Tutto lo studio di Black e Scholes si basa sull’utilizzo di contratti derivati noti come ‘opzioni’ che permettono di scambiare ad un tempo determinato una certa attività economica (es. un’azione) ad un prezzo stabilito precedentemente nel contratto. La loro equazione consentiva di “coprire” l’opzione acquistando o vendendo l’attività sottostante nel momento giusto eliminando il rischio dello strumento.

L’originale lavoro accedemico era del 1973, simulando un portafoglio “neutrale” ovvero il cui rischio, tramite hedging era matematicamente azzerato. 20 anni dopo ebbero la possibilità di mettere a frutto tale teoria.

Spiegandolo in parole povere le opzioni e l’hedging funzionano così: se un titolo azionario oggi vale 100 euro e io sono convinto che tra un anno possa arrivare a 200, sarebbe bello poter stipulare oggi un contratto di opzione che mi permetta di comprarlo tra un anno a 150 euro. Se la previsione è giusta ci guadagno, se è sbagliata… ho perso solo un diritto di opzione con un piccolo prezzo. Il grosso problema è calcolare quale dovrebbe essere il prezzo di questa opzione: se pago troppo ci perdo, se è troppo basso non è conveniente per chi si assume il rischio di dovermi vendere a 150 qualcosa che potrebbe valere 200.

La base di profitto del fondo hedge concepito da Scholes e Merton nel 1993 era quello di ‘saper’ calcolare il prezzo giusto di un’opzione operando su un mercato dove gli altri non erano in grado di farlo e si affidavano semplicemente a delle intuizioni anziché a calcoli matematici. Avevano bisogno di un socio che gli consentisse di passare dalle aule universitarie ai mercati finanziari e gli mettesse a disposizione una sufficiente capacità di calcolo. Si associarono così a John Meriwether, della Salomon Brothers e nel 1994 diedero vita al fondo Hedge noto come LTCM (Long-Term Capital Management).

Gli investitori del LTCM erano grandi banche, e si affidavano alla squadra dei sogni: due dei quantitativi più brillanti del mondo accademico, una star uscita dalla Salomon ed una squadra di ex docenti di Harvard e dirigenti della FED. La tranche minima di accesso al fondo era 10 milioni di dollari.

Le commissioni di gestione erano del 2% annuo ed il 25% di commissione di performance su tutti i rendimenti.

Nei primi 2 anni i fondi del LTCM realizzarono rendimenti netti del +43% e del +41%.

Al terzo anno (1997) il capitale investito nel LTCM raggiungse i 6,7 miliardi, ma gestiva attività finanziarie per 126,4 miliardi: per generare profitti tanto ingenti con un patrimonio in gestione crescente ovviamente questo fondo Hedge si indebitava e la leva aggiuntiva consentiva di investire somme superiori al patrimonio disponibile. Non che questa montagna di debiti li spaventasse: i modelli matematici dicevano che non correvano NESSUN rischio, perché tutto il rischio era hedgiato comprando azioni di senso opposto all’investimento fatto al ‘giusto prezzo’.

Avevano attivato strategie d’investimento multiple e decorrelate, circa 100 su 7600 posizioni in titoli diverse. Qualcuna poteva andare male, ma tutte no. Il bello del portafoglio diversificato teorizzato dalla Moderna Teoria di Portafoglio di Markowitz.

LTCM sfruttava i differenziali di prezzo in diversi mercati, ma l’attività più importante era quella basata sulla formula Black-Scholes, vendendo opzioni a lunga scadenza su mercati americani ed europei, ovvero offrendo opzioni sui loro titoli che gli investitori avrebbero potuto esercitare in caso di ampie oscillazioni di prezzi su quei titoli. I prezzi di queste opzioni erano calcolate nella formula Black-Scholes, su una volatilità molto alta, del 22%, mentre la volatilità calcolata dai Quants era del 10-13%.

Spiego la cosa per i comuni mortali: di fatto loro vendevano ad un prezzo un’assicurazione che sarebbe stata redditizia per un’oscillazione di mercato del 22%, calcolando che le probabilità di un’oscillazione superiore al 10-13% era minima, e che quindi tutti gli anni avrebbero fatto ampissimi margini a venderla!

Le banche e le assicurazioni, nonché i fondi pensione, avevano bisogno di assicurarsi contro l’alta volatilità, e quindi versavano loro dei soldi.

Può sembrare rischioso, ma i matematici vedevano la cosa in maniera matematica: il rischio calcolato era stato ‘hedgiato’ (ovvero ridotto matematicamente) a zero. Fra i punti forti della promozione commerciale c’era l’affermazione che il fondo era neutrale rispetto ai mercati: non poteva essere danneggiato da oscillazione di qualsiasi mercato azionario, obbligazionario o valutario. Il loro “dynamic hedging” gli permetteva di vendere opzioni su un indice, senza esporsi all’indice stesso. I soci anzi si preoccupavano che i rischi assunti non fossero sufficienti.

Ci sarebbe voluto un evento “sigma dieci” (ovvero pari all’ampiezza dieci volte la deviazione standard) per far perdere tutto il capitale al fondo in un anno… la probabilità calcolata dai ‘Quants’ era di 1 su 10 elevato alla 24… il fondo avrebbe dovuto guadagnare per un milione di milioni di milioni di anni (10 con 24 zeri) prima di un evento che lo avrebbe azzerato… molto più della durata dell’universo.

Nel 1997 Merton e Scholes vennero insigniti del premio Nobel per l’economia.

Sembrava che l’intelletto avesse trionfato definitivamente sull’intuito.

Purtroppo però i mercati finanziari non sono solo imprevedibili, ma anche incerti. Non rappresentano un insieme di fenomeni meccanici le cui leggi sono troppo complesse e vanno ‘sintetizzati’ con stime statistiche, ma che come sottostante hanno leggi fisiche immutabili, bensì un insieme di fenomeni umani le cui leggi oltre ad essere complesse sono volubili, mutabili e soggette a fenomeni ancora più complessi (paure, illusioni, euforia).

Quando i mercati azionari crollarono, facendo aumentare, anziché diminuire, la volatilità (giunse a 27 a giugno 1998, oltre il doppio della ‘stima’ del LTCM). E più aumentava, più il fondo perdeva, a leva finanziaria ovviamente.

Il 17 agosto 1998 il mercato finanziario russo, già indebolito dal crollo del prezzo del petrolio e da discutibili privatizzazioni, crollò definitivamente. Il governo russo si dichiarò insolvente e tale insolvenza giunseo solo un anno dopo la crisi asiatica, con contagio sui mercati emergenti, ma anche su quelli sviluppati.

La volatilità raggiunse il 29%, sfiorò il 45%... proprio quello che non avrebbe dovuto accadere secondo i modelli di rischio LTCM. I quantitativi avevano infallibimente calcolato che il fondo aveva probabilità zero di perdere più di 45 milioni di dollari in un solo giorno… eppure venerdì 21 agosto 1999 ne perse 550.

Improvvisamente tutti i mercati su cui LTCM era esposta, si muovevano in sincrono: la correlazione annullava la diversificazione “calcolata” tra le attività, stranamente i sottostanti erano tutti “materialmente diversi”, ma le persone che vendevano, l’essere umano, era lo stesso dappertutto.

A fine mese il fondo fece -41%. Il patrimonio del LTCM sarebbe rapidamente passato da 4,9 miliardi di dollari inizalmente investiti a 30 milioni di dollari.

Purtroppo l’ipotesi di Black-Scholes si fonda sull’efficienza del mercato: i movimenti dei titoli azionari sono continui, privi di attriti, perfettamente liquidi ed il rendimento delle azioni segue una distribuzione normale secondo una curva a campana, l’applicazione su vasta scala del modello, tra l’altro, avrebbe dovuto aumentare l’efficienza dei mercati… ma durante una crisi “i mercati possono restare irrazionali assai più a lungo di quanto si possa restare solvinili” (J.M. Keynes).

I modelli di Value at Risk (VaR) della società avevano calcolato che la perdita di agosto 1999 non avrebbe dovuto verificarsi nell’arco di vita dell’intero universo. Ma i modelli erano tarati sulla base di dati storici… relativi ai precedenti cinque anni. Tutt’oggi il rischio di un mercato si calcola sulla volatilità degli ultimi anni.

I nobel dell’economia ne sapevano molto di matematica, ma poco di storia.

Si potrebbe pensare che, dopo il catastrofico fallimento della LTCM, gli hedge funds quantitativi sarebbero scomparsi dalla scena finanziaria, invece è accaduto il contrario: nei successivi 10 anni, anziché diminuire, i fondi hedge sono aumentati per numero e volume di patrimonio.

Dopo questa prima parte (e lunga premessa) passerò a breve a spiegare come l’approccio e i ‘trucchetti’ dei fondi hedge abbiano aperto la strada all’utilizzo di esposizioni a leva finanziaria, tecniche di hedging, che sono penetrate in molti strumenti finanziari (fondi e polizze d’investimento in particolare) al di la del ristretto mondo degli “hedge funds” e dei loro facoltosi investitori. Queste tecniche hanno potuto svilupparsi in strumenti in mano a semplici risparmiatori, laddove la strategia dichiarata sia principalmente “flessibile”.

Perché LTCM anziché da monito, ha fatto scuola?

Perché ha evidenziato che un approccio ‘calcolato’ che faccia guadagnare più del mercato per 5 anni (1994-1998) e implodere il capitale al sesto (1999) è perseguibile… e se questo è spaventoso per chi ci investe, è estremamente profittevole per chi, ricordiamolo, prende il 2% di commissioni all’anno ed il 25% della performance positiva annua di quanto investito.

[Fonti: N. Ferguson, Short Term Capital Mismanagement, in The Ascent of Money, pp. 236-241]


P.C. 26.09.2020

1 commento:

Totuccio ha detto...

La distribuzione a campana viene criticata in Mandelbrot, il disordine dei mercati, libro molto bello e divulgativo, per chi volesse approfondire