Purtroppo è, secondo me, una delle leggi nella pratica più disattese in assoluto. Verificare questo fatto sarebbe semplicissimo: basta telefonare a 1000 risparmiatori che possiedono investimenti presso qualche struttura di 'wealth management' (banche, consulenti, etc...) presi a caso e chiedergli quanto, secondo loro, pagano all'anno. Secondo me le risposte saranno nell'ordine "credo 5 euro al mese" o per i più realisti "qualche centinaio di euro l'anno". La massificazione di questi risultati probabilmente porterebbe a concludere che forse non si è incappati in un risparmiatore particolarmente distratto, ma che il sistema getta le sue fondamenta su di un'asimmetria informativa.
Personalmente ho visto i rendiconti Mifid su costi ed oneri tante banche (anche con modelli di servizio completamente differenti) e di solito i costi fatti pagare su portafogli con investimenti gestiti andavano da un 2% l'anno (quando andava proprio bene), fino a casi anche 3 o 4 volte superiori (di solito in anni in cui si erano pagati bei costi di sottoscrizione e simili). Per capirci chi ha un portafoglio d'investimenti da 300mila euro ed è fortunato a cavarsela con il 2% vuol dire che paga 500 euro al mese di commissioni tra collocatore, società di gestione etc...
Lo sa?
Questa eventuale asimmetria informativa su costi e caratteristiche dei prodotti non sarebbe esattamente Mifid2-compliant.
Andiamo ad osservare due interessanti articoli pubblicati nella L. 87 del 31.03.2017 sulla Gazzetta Europea (poi recepita con la normativa Mifid2):
Articolo 10, comma 2 (da citare ai venditori di prodotti): le imprese d'investimento identificano e valutano appropriatamente la situazione e le esigenze dei clienti su cui intendono concentrarsi, in modo da GARANTIRE che gli interessi dei clienti non siano pregiudicati a causa di pressioni commerciali o necessità di finanziamento.
Che vuol dire? Che non si può consigliare un prodotto perché "devo venderlo" perché "ci sono accordi o budget di questa roba da collocare", ma si deve partire dalle esigenze e dalla situazione dell'investitore. Se questi ha bisogno di liquidità e non vuole che il capitale sia soggetto a fluttuazione, toccherà fargli il conto deposito, anche se ci si guadagna poco... se NON ho bisogno di un prodotto assicurativo non si induce a sottoscriverlo perché si vuole vendere la nuova polizza! Tutto il sistema di pesanti pressioni commerciali (sui siti dei sindacati bancari c'è un'ampia bibliografia) a cosa conduce?
Se il mio consulente guadagna bene solo su fondi e polizze... ma io voglio (o per me è adeguato) il titolo di Stato e l'obbligazione perché la mia esigenza è avere un capitale certo a scadenza, non si viola la LEGGE a pregiudicare il mio interesse/esigenza per necessità 'commerciali'?
Più interessante il secondo articolo che volevo condividere oggi:
Un Onorario, Commissione o anche Beneficio Non Monetario, è considerato INACCETTABILE qualora la prestazione dei servizi pertinenti al cliente sia falsata o distorta a causa dell'onorario, della commissione o del beneficio non monetario.
C'è anche poco da commentare... come fai a prendere il 3% di commissione su un fondo (magari inserito in un wrapper assicurativo o in una gestione patrimoniale) con dentro obbligazioni che rendono al massimo il 2%? Se tu mi induci a comprare e vendere, percependo più volte commissioni di entrata/rimborso, mentre io perdo e basta... che servizio mi stai dando? Il servizio non è un tantino distorto da questa continua spremitura di commissioni (spese annue, di performance, utilizzo di prodotti costosi, tunnel e quant'altro)?
Inutile ricordare che poi la trasparenza impone anche di spiegare bene i costi, oltre ai rischi, dei prodotti finanziari.
Come evidente, almeno la legge c'è, ma... scripta volant?!
P.C. 26.06.2020
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