Portafogli d'Investimento Teorici:

lunedì 25 maggio 2020

Quinto ed ultimo Step di Value Averaging su Cyrano: +4,596% in 2 mesi e mezzo

Cyrano è il portafoglio che ho concepito per 'duellare' (leggasi gestire l'emotività) nel corso della crisi aperta dal Covid19 a livello mondiale.

Si tratta di un portafoglio bilanciato aggressivo 2/3 azionario, con un'esposizione a leva finanziaria concepita per accumulare i dividendi del resto dell'asset allocation nel corso del tempo.

Siamo al quinto ed ultimo step di entrata progressiva, concepita per 10000 euro ciascuno (metà del capitale iniziale di 100000, di cui 50 investiti il 10 marzo 2020).

Oggi, dopo un crollo record ed un significativo rimbalzo su tutti gli asset d'investimento, possiamo notare l'effetto, in un portafoglio bilanciato e diversificato, del 'value averaging' (un'operazione di mediazione con entrate successive del prezzo di carico, sia in ribasso che in rialzo). Non abbiamo certo intercettato il momento 'perfetto' per entrare e cogliere il rimbalzo (che sarebbe stato intorno al 21 marzo), ma neppure il peggiore... abbiamo diluito il rischio del tempo d'entrata in questi 2 mesi, evitando di doverci sobbarcare la sofferenza per una svalutazione record. Ovviamente ora, dopo esserci collocati in una posizione mediana (notiamo che quasi tutti gli asset di questo diversificato portafoglio sono in guadagno) possiamo partire con il nostro investimento di medio termine, che ci impegnerà, nel progetto di portafoglio, per altri 4 anni, 7 mesi e mezzo.

Sicuramente il value averaging, pur non perfetto, ci aiuta a gestire il panico delle fasi di crollo, ma ci lascerà sempre in bocca un sapore leggermente amaro di aver visto dei picchi negativi estremamente interessanti ed aver mediato anche il potenziale guadagno. Dobbiamo renderci conto che nella realtà cogliere l'ottimo è molto più raro e difficile che con l'immaginazione.

In questi 18 giorni dal precedente versamento successivo i mercati (e quindi Cyrano) hanno continuato una moderata crescita.

Due ETF che ci allietano mensilmente con la loro cedola, il PIMCO Short Term HY Bond euro Hedged ed il iShares JPM USD EM Bond ci hanno distribuito 33,36 euro netti di dividendi.

La nostra asset allocation viene completata, inoltre in questo modo:

147 quote di Vanguard FTSE Developed Europe (un ottimo azionario europeo inclusivo dei paesi extra-euro, a distribuzione).

78 quote di Lyxor FTSE Mib (una scelta patriottica che coglie l'opportunità di un mercato particolarmente svalutato a seguito del Covid19).

96 quote di Vanguard S&P500 dis (un ottimo azionario USA)

Con una spesa totale di 10360 euro, ovviamente le quote successive vanno a mediare i prezzi di carico, alzandoli in questo caso.

In merito alle esposizioni a leva finanziaria notiamo che questo bimestre è stato caratterizzato da un insolito rimbalzo del Nasdaq100 l'indice dei tecnologici. Se avessi investito subito prima della crisi Covid19 potrei affermare che per me la crisi è finita: sono tornato in gain o lì intorno. Sovraespormi alla leva finanziaria in questo asset, frammentando troppo il patrimonio (tra l'altro!) lo considero non più conveniente.

Con un eccezionale performance del +28,2% in 2,5 mesi vado quindi a liquidare 1377,6 euro di Lyxor Nasda100 2x Daily Leveraged (titolo quotato in Francia), pago costi di transazione, pago 101 euro di capital gain (tasse).

La liquidità la utilizzo per mediare sugli altri due ETF a leva finanziaria: 41 quote nel Lyxor Eurostoxx50 Daily x2 Leveraged e 12 quote nel xTrackers S&P500 2x Lev Day Swap Ucits Etf.

Questo non tradisce la natura 103/100 (circa...) di Cyrano.

Il risultato finale è questo:

Il valore odierno di Cyrano è di 104596,27 euro, con un gain del +4,596% rispetto al 10 marzo 2020.

Abbiamo costruito, con metodicità, un portafoglio dilazionando il tempo d'entrata in un periodo di grande volatilità. Il risultato finale dipenderà dal corso dei mercati nei prossimi anni e da quanto la strategia si dimostrerà valida nell'affrontarli.
Però, senz'altro, li affrontiamo partendo con un capitale superiore a quello che avremmo avuto semplicemente investendo tutto il 10 marzo! Ecco che un approccio di ingresso dilazionato si rivela utile anche per gestire e rendere meno 'rischiosa'  una volatilità da assoluto record come quella di questi ultimi due mesi.

La prima vera revisione periodica è tra 7 mesi, per natale di questo difficile anno bisestile, intorno al 25 dicembre 2020.

Vedremo come se la caverà il nostro portafoglio 'duellante' nella sfida con il resto del 2020, pur partendo con in tasca un vantaggio tattico.

P.C. 25.05.2020

domenica 24 maggio 2020

DAMOCLE: un portafoglio costruito con una strategia che non ha conosciuto la Crisi

Dopo tre mesi, puntualmente, mi trovo a fare un rendiconto periodico del portafoglio Damocle, basato sulla personale strategia QQQ Revised.

Damocle non ha un'asset allocation bilanciata, e non è neppure conforme alle regole UCITS, presentando un'esposizione di rischio credito sia verso il conto Rendimax sia verso una gestione separata per il 20% del capitale iniziale.

Rappresenta però una strategia di diversificazione tra prodotti di natura diversa:
- Accumula i proventi tramite un value averaging sull'azionario tecnologico Nasdaq100, rappresentato dal noto ETF di Invesco eQQQ Nasdaq (che da il nome alla strategia).
- Investe in un titolo di stato USA con maturity pari alla durata massima del portafoglio (25 anni)
- Accomuna esposizioni verso i Treasury Bond e, dall'altro estremo dell'universo del debito governativo (quale compensazione) al debito in dollari dei paesi emergenti.
- Dato poi che l'investitore si trova in un mercato euro-centrico, ponderiamo il rischio valuta (oltre che con la versione anche con hedging dell'emerging markets bond) con prodotti a capitale nominale fisso, che abbassano la volatilità: una gestione separata (ho scelto, ai fini di simulazione, una delle più classiche e non delle più redditizie, quella di Reale Mutua) ed un Conto Deposito vincolato a 5 anni.

Nell'ultimo trimestre diversi asset hanno distribuito cedole, interessi e dividendi: 23,17 euro dall'ETF azionario Invesco, 178,06 euro dall'ETF sui Treasury Bonds, 82,98 e 68,88 dai due ETF sull'obbligazionario dei paesi emergenti e 111 di interessi dal conto deposito.

Sommando questo alla liquidità rimasta 3 mesi fa possiamo acquistare, al prezzo odierno di 210,54, ulteriori 2 quote dell'ETF Invesco eQQQ Nasdaq100, portando il totale a 118 euro. Rimangono 94,83 euro di liquidità.

Si noti che, essendo passato un anno, rivaluto del 1,05% (pari all'ultima rivalutazione della tariffa della Gestione Separata Reale Uno, sottratta della commissione del 1% annuo prelevata dalla polizza) il capitale di sottoscrizione di 20000 della polizza vita.

Il risultato finale è:


Si noti come il capitale di Damocle ammonti ad oggi a 112141,03 euro.

Il primo anno del portafoglio, considerabile come prudente ma ad alta redditività (tenendo conto dell'orizzonte temporale), di Damocle ha generato un rendimento di +12,14%

Si noti la crescita piuttosto progressiva del capitale di Damocle:
3 mesi --> +4,56%
6 mesi --> +5,57%
9 mesi --> +10,21%
12 mesi --> +12,14%

L'andamento non sembra aver neppure notato la crisi mondiale che nel frattempo si è abbattuta sugli asset, mostrando che la loro selezione è apparentemente ben bilanciata negli scenari di shock.

Andremo ad analizzare a fine agosto (24 agosto) se tale progressività continuerà.

P.C. 24/05/2020

giovedì 21 maggio 2020

I fondi sui Tecnologici: analisi

Molti, in tutto il mondo, stanno riflettendo sul fatto che l'high tech, l'informatica, internet, le comunicazioni, le biotecnologie, sono diventati i protagonisti del mondo economico negli ultimi 3 mesi. Chiusi in casa in milioni/miliardi abbiamo utilizzato la nostra connessione ad internet per lavorare in smartworking (io per primo), per acquistare a distanza, per seguire le notizie sulla pandemia che ha sconvolto il mondo.
Soprattutto i tecnologici sono quelli che, apparentemente, non si sono fermati. Accomunati da un'unica nazionalità, il non-luogo virtuale che è internet, abituati agli scambi su mercati globalizzati, in valute spesso slegate dalle zecche di Stato, con manager ed operatori abituati a lavorare a distanza a prescindere dal luogo fisico ed a produrre beni immateriali ed intellettuali che non conoscono lockdown.

Non c'è da stupirsi se oggi molti tecnologici hanno valutazioni pari, o superiori, a quelle di febbraio, anche se per gli utili, magari ci sarà da aspettare.

Voglio quindi fare un'analisi comparata tra 5 diffusi fondi tecnologici a gestione attiva, di 4 note case d'investimento globali. A gestione attiva perché... audite audite, sembra proprio che in questo momento, su un'orizzonte temporale breve (2-3 anni) questi fondi stiano battendo il benchmark, ed un benchmark replicato sul mercato da ETF dalle performance strabilianti.

Anticipo: questa è un'analisi, non si danno giudizi di merito, non si danno suggerimenti d'acquisto (noterete che il mio tono è neutrale, interpretabile da alcuni come un 'avviso' e da altri come una 'lode', ma non è né l'uno né l'altro - o forse entrambi -). Per non dare l'idea che faccio pubblicità (né positiva né negativa) né tantomeno promozione (trattandosi di prodotti attivi e collocati, non scambiati liberamente sul mercato), analizzerò le classi istituzionali di questi fondi, non accessibili direttamente dal pubblico di risparmiatori.

I fondi presi in esame sono:


LU1722863211 BLACKROCK WORLD TECHNOLOGY CLASSE I2
LU1917164854 BLACKROCK NEXT GENERATION TECHNOLOGY D2
LU0366762994 FRANKLIN TECHNOLOGY FUND I
LU0209158541 JANUS HENDERSON HORIZON GLOBAL TECHNOLOGY I1
LU0143839644 JPM US TECHNOLOGY X



LU1722863211 BLACKROCK WORLD TECHNOLOGY CLASSE I2
Il fondo investe in aziende tecnologiche a livello mondiale. Il 55% dell’investimento è concentrato in aziende USA, ai primi posti abbiamo i soliti campioni del Nasdaq Amazon (2,45%), Apple (2,83%), Alphabet (2,57%), Microsoft (3,71%), PayPal (1,5%). Ci sono colossi dello S&P500 come Salesforce.com (US79466L3024, grande software house e impresa di cloud computing con 30-40mila dipendenti) al 2,12%, Mastercard etc… la concentrazione è essenzialmente large cap. La seconda sede legale delle aziende in cui investe sono le Isole Cayman, con un 16,3% del capitale, concentrato in maniera primaria nei colossi “cinesi” Tencent (2,6%) e Alibaba Group (2,74%). E siamo al 70% del capitale (Cina/Cayman e USA). Poi c’è la presenza di una selezione di società elettroniche e di componentistica elettronica quotate in Olanda (STMicroelectronics, ASML Holding le prime), intorno al 4%. Siti internet e software house tedesche (3%). Qualcosa del Regno Unito (2,78%). Brasile (1,86%), Giappone (1,74%), Corea del Sud (1,82%), Taiwan (2%) e poco altro. Una selezione mondiale (principalmente Asia Evoluta al 22% e USA al 55% con un po' d’Europa evoluta e selezionata al 10% circa) di un centinaio di titoli tecnologici, principalmente ad alta capitalizzazione, principalmente orbitando intorno al mondo di internet, elettronica, software, servizi informatici/elettronici.


LU1917164854 BLACKROCK NEXT GENERATION TECHNOLOGY D2
L’altro fondo tecnologico di Blackrock, pur mantenendo un’esposizione sul mercato degli USA del 44% cambia completamente portafoglio d’investimento. Ci sono titoli in comune con il World Technology, quali Activision Blizzard (quasi 1% di entrambi gli investimenti), Advanced Micro Devices (1,2%), Chegg Inc. (0.75-1,25%), Tesla (1,4%). Questo fondo è però strategicamente allocato su aziende che potenziano molto la ricerca e lo sviluppo di NUOVE tecnologie. I titoli qui sono appena di più (115) ed in nessuno è concentrato più del 1,7% del capitale del fondo. Il fondo da molta più flessibilità al gestore. Vediamo apparire nel portafoglio molti siti e servizi online innovativi: Yandex, Pinterest, Zoom, Atlassian (Jira e Confluence), Zalando. Oltre agli Usa le aree geografiche (per quel che valgono nel mondo dell’Information Technology…) coprono gli UK (5% circa), Olanda (4,2%), immancabili Isole Cayman (17%), Giappone (3,64%), Corea del Sud (3,56%), Taiwan (2%), Germania (4,38%).


LU0366762994 FRANKLIN TECHNOLOGY FUND I
Fondo tecnologico diversificato su 118 aziende. Sebbene la tematica d’investimento sia sempre la tecnologia ed il fondo dichiari come Benchmark il MSCI World/Information Technology, la suddivione che fa il gestore è più su settore merceologico che per area geografica (che come abbiamo visto lasciano un po' il tempo che trovano nell’high tech, salvo paradisi fiscali etc…). Ai primissimi posti la guida è sempre affidata ad Amazon (4,17% del capitale), Alibaba (5,58%), Facebook (2%), Tencent (2,56%), Alphabet (2%), Microsoft (5,43%), Salesforce.com (3,6%), Apple (5,3%). Poi uscendo da questi colossi mondiali dell’high tech (che come abbiamo visto occupano quasi il 30% del capitale da soli) c’è molta attenzione ad includere ponderazioni per settore merceologico, ecco che si diversifica il 13% del capitale in servizi IT concentrati sui pagamenti (Visa, Mastercard, PayPal), Marketing online (10%), Semiconduttori (20%), Software (30%). Quindi sostanzialmente l’area d’investimento non cambia molto dal riferimento al mondo dell’informatica, la ponderazione è essenzialmente large cap (anzi direi Huge Cap, dati i miliardi ormai allocati in questo settore).


LU0209158541 JANUS HENDERSON HORIZON GLOBAL TECHNOLOGY I1
Più concentrato (solo 50 aziende!) ma sostanzialmente abbastanza invariato il fondo tecnologico di Janus Henderson. In pole position abbiamo Apple (7,83%), Tencent (4,16%), Alibaba (3%), Mastercard&Visa (6,7% tra tutte e due), Microsoft (9,76% del capitale… forse un po' tanto), Amazon (2,58%), Facebook (6%), Alphabet (8,6%)… le 9 top presenti al vertice anche degli altri tecnologici mondiali (eccezion fatta per il Next Generation) già occupano metà del capitale. Anche il resto del portafoglio essenzialmente già visto. La differenza la fa sicuramente la maggiore concentrazione.


LU0143839644 JPM US TECHNOLOGY X
Con questo fondo si esce da mercati globali, concentrando il 87,9% negli USA. Il gestore mantiene però in portafoglio Alibaba (1,44%), Shopify (2,13%), Atlassian (1,29%), ASML Holding (1,79%). Il resto è su New York, grossomodo. I principali titoli sono sempre i campioni del Nasdaq100: Amazon (1,93%), Advanced MD (3,5%), Alphabet (2,75%), Microsoft (3,3%), Paypal (2,55%). I titoli sono solo 64. Il gestore fa qui però delle scelte personali di ponderazione, andando ad allocare, ad esempio, quasi il 2% si Xilinx inc, 3,52% su Synopsys inc, 2,5% su ServiceNow, 2% su Okta, 2,64% su Macht Technology, 3% su Analog Devices. Notiamo però che c’è una maggiore equità di peso tra i vari componenti del fondo, a differenza del Janus, ad esempio.


Il confronto con il Nasdaq100 è abbastanza improprio, ricordiamo che alcuni settori, come le biotecnologie, la farmaceutica etc… quotate nella borsa di New York e presenti nel Nasdaq100 non sono contemplate da questi fondi tecnologici a ‘base’ di Informatica, elettronica e simili. Detto ciò l’utilizzo di un ETF come il Invesco eQQQ Nasdaq-100 nei confronti con i grafici è improprio anche perché è uno strumento a distribuzione, cosa compensata forse dai minori costi anche rispetto a questi fondi in classe istituzionale e quindi agevolata.
Ma in finale… se il 1° gennaio 2019 avessi messo 100mila euro ciascuno su questi fondi, e OGGI seguissi la regola del ‘Sell In May & Go Away’ temendo una bolla o un rimbalzo troppo forte del mercato tecnologico dopo questa crisi… cosa avrei in mano?


Con il Janus Handerson avremmo 152800 euro, ovvero 39000 euro ‘puliti’ di guadagno al netto delle tasse.
Con il Frankling Technology il capitale sarebbe 165562 euro, 48500 euro ‘puliti’ al netto delle tasse.
Il Blackrock World Technology ed il JPM US Technology, nonostante le differenze di composizione/ponderazione, chiudono a 175500/177000, con guadagni molto prossimi ai 56000 euro ‘puliti’.
Si stacca il più decorrelato e flessibile di tutti (possiamo definirlo il più ‘attivo’) che è il Blackrock New Generation Technology con un capitale di 186271 euro, guadagni puliti di 63800 euro.


Non mi sembra ci sia bisogno di commentare una performance che va, al netto tasse, dal 39% al 63% in meno di un anno e mezzo e dopo una crisi di fine ciclo spaventosa come quella del 2020. 
E’ INDUBBIO che il settore informatico/tecnologico ha assistito ad una crescita di capitalizzazione estremamente rilevante (anomala? Dillo a quello che ha disinvestito oggi a +60% netto!).
Per equità mi riserverò, in caso di bruschi voltafaccia del settore nei prossimi anni, di riprendere in mano il confronto tra questi fondi che, pur con molte differenze gestionali (il Janus concentra di più, i World più globali, il New Next Generation ci ha messo più del suo quanto a flessibilità e selezione di portafoglio con scelte forse più estreme oltre che innovative, il JPM tiene i pesi più costanti tra aziende, il Franklin fa molta attenzione ai settori merceologici anche se in una ristretta macro-categoria) sono inevitabilmente condizionati dal trend di un settore gonfio di capitalizzazione. E' indubbio che ci siano molte aspettative causate anche dall'attuale crisi, in questo momento di mercato, e secondo me la molta liquidità che è stata messa sul tavolo, oltre a rischiare di causare picchi inflattivi, va a innaffiare i mercati ed a collocarsi in maniera 'Growth' (ed i tecnologici sono principi del Growth).


E se avessi usato degli ETF?
Il Invesco eQQQ Nasdaq100, che fa sognare con i suoi grafici decennali, da inizio 2019 avrebbe restituito, tra dividendino e capitale, miseri 43300 euro ‘netto tasse’ collocandosi tra il rendimento del Janus Henderson e quello del Franklin Technology (che io comunque non butterei via).
Il IE00BM67HT60 (xTrackers World Information Technology) invece, che è l’indice più corretto da confrontare a questi fondi attivi istituzionali, avrebbe prodotto un guadagno, netto tasse, di 46800 euro.

Notiamo quindi che in un periodo di boom (il 2019 partiva dopo un forte ribasso, nel 2020 questi asset si sono ripresi più degli altri annullando gli effetti della crisi, al momento) questi fondi Attivi, con le loro selezioni, hanno portato a casa risultati migliori dei benchmark.
In periodi più lunghi di tempo il confronto con il mercato (es. Nasdaq100), come visto sopra, regge di meno, probabilmente gli errori di selezione sul lungo possono farsi più pesanti, così come meno precise le aspettative di utili e crescita.
L’altro elemento fondamentale tra ETF e questi fondi è che tutti possono sottoscrivere un ETF economicamente dal loro home banking, mentre le classi istituzionali qui considerate non sono accessibili direttamente a nessuno, anche in un orizzonte temporale breve anche un best performer odierno come il Blackrock New Generation Technology deve scontare qualche migliaia di euro tra gestione ed eventuale entrata, sicuramente su un breve periodo di boom come gli ultimi 18 mesi, assolutamente ripagati.
Andiamo infine a visionare alcuni grafici (senza farcene condizionare troppo, ma per avere un'idea):

Questo è il confronto degli ultimi (aurei!) 18 mesi tra i fondi in esame (salvo il Blackrock World Technology, ma Quantalys consente confronti a 5 titoli) e il citato Invesco eQQQ Nasdaq-100.
Qui allunghiamo l'orizzonte temporale a 48 mesi escludendo anche l'altro Blackrock (che all'epoca non esisteva).
E qui vediamo come invece nel lungo orizzonte temporale, di 12 anni, da fine ciclo economico a fine ciclo economico, sia stato il Nasdaq100 a sovraperformare.
Infine questo è il confronto dettagliato solo tra i fondi presi in esame dell'ultimo anno.

Un'ultima informazione: perché ho preso in analisi il Invesco eQQQ Nasdaq-100? Perché sappiamo che un ETF replica passivamente l'indice. E sappiamo che il IE032077012 (ovvero il nostro QQQ) ha la caratteristica di essere a distribuzione. Tutti i dividendi, gli utili, distribuiti ai proprietari delle azioni dalle aziende dell'indice, vengono erogati trimestralmente all'investitore.
E quanti sono stati gli utili? Circa 1 euro lordo (fonte justetf) negli ultimi 12 mesi. Queste aziende, così in crescita come quotazioni, hanno distribuito, al prezzo odierno dell'ETF (209 euro) il 4,97 per mille di dividendo.

P.C. 21-05-2020

venerdì 15 maggio 2020

ANNIBALE e Sx2: otto mesi di portafogli 'Income' dopo la crisi del 2020

Otto mesi fa, a settembre, ho simulato due portafogli a distribuzione, l'uno che facesse da benchmark all'altro.


La strategia che ho dato ad Annibale e SempliceSemplice (sintetizzato Sx2) è quella di una ricerca di distribuzione e redditività da cedole/dividendi anche in un mercato di tassi estremamente bassi e di dividendi contenuti (ricordiamoci che i due portafogli iniziano alla fine dell'estate 2019, dopo tre quarti di un anno estremamente 'growth', con forte scostamento tra i valori gonfiati delle quotazioni azionarie e i dividendi distribuiti). Una strategia che possiamo quindi definire 'Income', anche se non flessibile come quella di molti portafogli Income (che ricercano la redditività anche a discapito di una asset allocation rigorosa), ma diversificata in asset class con proporzioni iniziali ben calibrate.

Una strategia non facile da perseguire dato il contesto (cerco l'Income quando il mercato non ne offre e senza flessibilità o il ricorso a strumenti per così dire 'esotici' o troppo complessi), che ha comportato delle scelte, e che ho voluto dividere su due portafogli 'paragonabili' per poter illustrare la differenza tra una scelta semplificatrice con pochi ETF ed una più complessa che miscela bond ed ETF.

ANNIBALE partiva come un bilanciato 30% azionario e 70% obbligazionario, teoricamente 'moderato', ma cui ho assegnato un livello di rischio 'medio' dato che ho selezionato per la quota obbligazionaria una strategia su valute (diversificata geograficamente per ridurre le correlazioni valutarie), riducendo la quota azionaria a paesi sviluppati con copertura valutaria.

Sx2 invece è un bilanciato 'puro' 50% azionario e 50% obbligazionario, teoricamente molto più volatile di Annibale, ma sulla base della mia esperienza ho considerato le due asset allocation con le scelte fatte grossomodo equiparabili come volatilità.

Lo studio è ovviamente andare a confrontare questi portafogli diversi ma paragonabili per capire anche che differenze comporterà l'avere scelto una struttura mista (Annibale) ad una semplice ed omogenea divisa su pochi ETF (Sx2).

Il risultato finale negli 8 mesi trascorsi, considerando l'enorme volatilità (negativa) attraversata a causa della crisi del Covid19 dopo un periodo di forte euforia dei mercati, è il seguente:



Annibale termina il primo periodo d'osservazione con una distribuzione netta di 1624,55 euro, pari a una media di 203 euro al mese. E con un capitale 'net return' di 93150,45. La performance dalla creazione, total return, è del -5,1%.

Sx2 termina il primo periodo d'osservazione con una distribuzione netta di 1549,06 euro, pari a 193,63 euro al mese. E con un capitale 'net return' di 92913,35. La performance dalla creazione, total return, è del -5,46%.

Possiamo osservare che il lavoro di calibrazione dei due portafogli è riuscito alla perfezione, la performance risulta quasi identica, nonostante l'elevatissima volatilità ed il 'crollo' degli ultimi mesi.

I portafogli hanno avuto una contrazione contenuta, del 5% rispetto a 8 mesi fa (7% se non si considerano i dividendi incassati) ed ha reso circa 200 euro al mese di rendita.

La performance non è così negativa, a mio avviso, soprattutto se confrontata con altre strategie 'Income' a rischio bilanciato 'Medio', dato che Annibale e Sx2 partivano con una mission molto difficile (produrre 'rendita' in un momento di valutazioni gonfiate e rendita zero) che la esponeva a imprevisti e scivoloni dei mercati.

E' ovvio che un portafoglio ben diversificato, dotato di rendita, motiva il risparmiatore, anche psicologicamente, a portare avanti l'orizzonte temporale.
Il cosiddetto ''Attraversamento delle Alpi'' cui il nome del portafoglio Annibale fa riferimento.

Il prossimo confronto tra i due portafogli è previsto per metà gennaio 2021. Vediamo se, lasciandoci questo anno "bisestile" alle spalle, la loro performance migliorerà e se continuerà la convergenza delle due rendite e volatilità.

P.C. 15/05/2020

sabato 9 maggio 2020

ARTICOLO: Value Investing o Growth Investing? Un'analisi di 20 anni di mercato

Se guardiamo indietro all'andamento dei mercati internazionali, possiamo notare vari cicli di crescita e di contrazione nell'azionario mondiale, fortemente condizionato dall'azionario nord-americano in particolare.

Possiamo rivivere, dal punto di vista di risparmiatori (l'andamento di indici puri magari basati sul dollaro ha poco senso per le tasche del risparmiatore italiano) queste fasi utilizzando il grafico di 3 comuni fondi d'investimento, reperibili nelle principali banche, che hanno il vantaggio di uno storico fin dal 1997, cioè prima dello scoppio della bolla dei tecnologici:
A prescindere da performance, costi, strategie di gestione etc... notiamo che i trend dei fondi azionari internazionali sono assolutamente paragonabili, la 'gestione attiva' è essenzialmente uniforme ai movimenti del mercato.

1. La fine degli anni '90: la forte crescita azionaria
Superate le tensioni relative al cosiddetto 'Ciclone Asiatico' nel corso dell'estate del 1997 (che causò il panico in paesi asiatici in un sud-est asiatico all'epoca 'emergente' ed in forte sviluppo, e che videro svalutare le loro valute e piombare queste aree in una profonda crisi finanziaria), il mercato attraversò un trend assolutamente positivo ed euforico, che favorì a dismisura in particolare le azioni con più prospettive di crescita, portando alla cosiddetta bolla del .com.

2. Marzo 2000 - Marzo 2003: il crollo dei mercati e la bolla
Un ciclo orribile per gli investitori azionari internazionali, fu lo 'scoppio' prima della bolla dei tecnologici e poi il panico internazionale dopo l'11 settembre 2001. Questo innescò un crollo delle quotazioni azionarie devastante poiché forte e di lungo corso. Iniziato grossomodo il 10 marzo del 2000 proseguì ininterrottamente fino al marzo 2003. Dopo 3 anni chi avesse investito nell'azionario internazionale (con uno dei fondi dell'esempio) durante il picco massimo avrebbe perso quasi il 60% dell'investimento, ma anche chi aveva investito tornando dalle ferie a settembre del 1997 si sarebbe trovato con meno dell'investimento di 5 anni e mezzo prima (in pratica l'intera 'bolla' tornò ai valori di fine estate 1997 su questo tipo d'investimenti).

3. Marzo 2003 - Giugno 2007: una crescita 'value'
Dopo tre anni 'orribili' seguirono quattro anni di recupero (solo parziale per chi era entrato durante la bolla precedente) e di crescita delle quotazioni azionarie. Vediamo per i tipi d'investimento in esame una crescita superiore al 60% dai minimi di marzo 2003 ai massimi di giugno 2007.

4. Giugno 2007 - Marzo 2009: la grande crisi internazionale
Il crollo di Leman Brothers, descritto come la più grande crisi dei mercati finanziari dalla crisi del 1929, seguì circa 14 mesi di ribasso dei mercati e di svalutazione delle quotazioni azionarie, frenate da una politica dei tassi d'interesse in rialzo, dopo i 4 anni di crescita apparentemente sana ed equilibrata 2003/2007. Il tentativo di evitare una nuova bolla da parte delle autorità monetarie, come quella considerata devastante del 2000 non scongiurò la terribile crisi finanziaria, poi economica e recessiva a livello mondiale del 2008-2009. Dopo il fallimento di Leman Brothers i mercati furono caratterizzati da debolezza ed instabilità, anche se di fatto il minimo delle quotazioni dei mercati internazionali venne toccato a inizio marzo 2009, 6 anni dopo il minimo del 2003 e 9 anni dopo il crollo dei tecnologici. Un decennio assolutamente 'nero' per l'investitore azionario, che minò la fiducia di molti nei mercati ed iniziò a spingere le banche centrali verso una revisione completa delle loro politiche monetarie, divenute molto più espansive e disposte ad utilizzare anche strumenti innovativi ma capaci di condizionare potentemente i mercati quali i Quantiative Easing.

5. Marzo 2009 - Inizio 2011: il primo recupero
Le prime operazioni espansive di governi e banche centrali portarono ad una risoluzione del 'credit crunch' nei due anni in cui, contemporaneamente, si acutizzò invece la crisi economica e la recessione mondiale. Dal marzo 2009 a gennaio 2011 un ipotetico investitore negli strumenti di cui sopra avrebbe portato a casa un guadagno del +50%, semplicemente investendo ''quando nessun altro lo fa''.

6. Il 2011: primo anno di 'stop'
Il 2011 fu un anno difficile, per il nostro paese in particolare, ma in generale sui mercati internazionali si assistette ad un prevedibile trasferimento del problema da banche e finanza ai governi. Sicuramente gli stimoli monetari messi sul piatto avevano messo uno stop alla crisi, ma in Europa (e non solo) come nelle migliori famiglie si iniziò a 'litigà pe' i 'sòrdi'. Gli eventi della marginalizzazione dei paesi in difficoltà (amabilmente definiti 'PIGS') che attraversarono default parziali (Grecia) o radicali politiche di austerity, portarono i mercati mondiali ad essere cauti, e l'anno si rivelò, globalmente, non particolarmente redditizio per l'investitore, salvo chi acquistò a saldo asset svalutati (come il debito europeo).

7. 2012-2015: il secondo recupero
Sempre circa tre anni di trend costantemente positivo, quasi sovrapponibili al 2009-2011 o al 2003-2007 o anche al 1997-2000. La tripletta portò questa volta l'ipotetico investitore del natale 2011 ad un clamoroso +80% circa di crescita dell'investimento sul culmine del Quantitative Easing proclamato da Draghi: maggio 2015, in cui il tasso IRS dei mutui a 30 anni in Europa quasi si azzerò a forza di abbassare i tassi.

8. 2015-2016: secondo anno di 'stop'
Di nuovo una tripletta di anni a forte trend positivo portarono ad un anno circa (dalla svalutazione dello Yuan nell'estate 2015 all'elezione di Trump nell'autunno 2016) di alterne fortune: svalutazioni a seguito di nuove paure finanziarie, parziali recuperi.

9. Il terzo recupero del 2016-2018:
L'ampia disponibilità di capitali messa in campo dalle banche centrali e la politica di agevolazioni fiscali della nuova presidenza americana avviarono nella seconda parte del 2016 una nuova euforica crescita ai mercati. Da metà 2016 a febbraio 2018 (20 mesi circa) l'ipotetico investitore avrebbe avuto una nuova crescita tra il 12 ed il 15%.

10. Il 2018: terzo anno di 'stop'
Un lungo corso di espansività monetaria sembrava ormai aver condotto, in un decennio, l'economia (USA in particolare) ben lontana dalla recessione e dal rischio di depressione del 2008. La più prudente della banche centrali (grazie ad un'economia sottostante decisamente sana e dinamica) iniziò a valutare una politica di rialzo dei tassi, per arginare bolle, prevenire le distorsioni del mercato da politica monetaria e tenere sotto controllo l'inflazione. Questo funzionò nell'economia USA, ma restituì al resto del mondo un anno difficile: mettendo in crisi i paesi emergenti (il cui investitore trovava rendimenti sicuri nel dollaro in USA) ed economie più deboli come quella europea. A fine anno la debolezza internazionale minacciò seriamente di innescare nuove recessioni economiche. La politica dell'amministrazione americana fu quindi per maggiore accondiscendenza sulla politica monetaria, favorendo nuovamente i mercati.

11. Un 2019 da record:
Il 2019 fu un anno record, nei 14 mesi dall'inizio dell'anno alla metà di febbraio 2020 l'ipotetico investitore godette di mercati a briglia sciolta: banche centrali scatenate nello svalutare sempre di più in maniera competitiva ed abbassare i tassi d'interesse senza fine apparente, per arginare la minaccia di un debito pubblico sempre più alto e di un'inflazione che latitava. Una crescita superiore al +30% per l'ipotetico investitore azionario internazionale. Un mercato, ovviamente, sottoposto ad un rischio crollo elevatissimo, dato che si faceva sempre più sopravvalutato...

12. L'attuale crisi:
Una crisi sanitaria mondiale che ha costretto i governi ad una fortissima spesa pubblica e ad una sospensione delle attività produttive che ha innescato una nuova, violenta, recessione. Questo accompagnato da un'immissione di capitali pubblici a quanto pare senza limite. E' inevitabile che quella 'cercata stabilità' dei mercati, inseguita negli anni 2003-2007 e probabilmente in anni maturi del ciclo economico come il 2016-2018, lascerà il posto ad una forte volatilità e, potenzialmente, a qualche nuovo ciclo 'negativo' che però, come negli anni 2000-2003 o 2008-2009 o 2011, 2016 e 2018, ha lasciato spazio per 'inizi d'investimento' particolarmente vantaggiosi.
Si tenga conto che l'investitore di 20 anni fa, nel 1997, oggi anche con fondi costosi ha visto raddoppiare-triplicare il capitale iniziale, difendendolo ampiamente dalla svalutazione inflattiva.

Passo ora a valutare due approcci, o strategie, d'investimento, l'approccio Growth e l'approccio Value.

I titoli cosiddetti Growth, o i portafogli e le asset allocation Growth, tendenzialmente vanno a selezionare investimenti con elevato potenziale di crescita nel valore degli asset. Alcuni settori, come il tecnologico e tutti i settori ad elevata trasformazione ed innovazione, sono usualmente favoriti. Le società d'investimento spingono molto sugli approcci Growth 'tentando' il consumatore son servizi allettanti (es. il ESG sarà l'investimento del futuro, le nuove auto elettriche, la 'via della Seta cinese', le nuove fonti d'energia etc...). Ovviamente l'approccio Growth si associa ad un'elevata componente di rischio: azzeccare l'investimento che poi realizzerà le aspettative sarà un volano per il nostro capitale, soprattutto se avremo anticipato gli altri nel farlo, d'altra parte al momento dell'investimento le garanzie sono poche e/o il rischio bolla è tanto. L'indice 'principe' della stategia Growth è, naturalmente, il Nasdaq, dove sono quotate le società USA (e non solo) a più alto tasso d'innovazione.

Esiste poi un approccio Value: i settori economici e merceologici, dopo la crescita (Growth) tendono a rappresentare business maturi, meno aleatori, ed a fornire maggiori certezze. Il tasso di crescita più basso spesso svaluta questi titoli rispetto al valore contabile delle aziende stesse, rispetto ai titoli Growth e spesso anche rispetto al loro flusso cedolare/rendimento. L'investimento 'maturo' non è tuttavia più prudente, né automaticamente meno redditizio dell'approccio Growth. Il rischio è ovviamente puntare su un settore che da maturo passa a marcescente: nessuno di noi avrebbe voluto essere l'ultimo acquirente di una carrozza laddove l'automobile era ormai alle porte, al contempo il rischio bolla è molto meno significativo. Tradizionalmente, nelle economie sviluppate, rappresentano asset value i settori assicurativo, sanitario, le infrastrutture ed i servizi pubblici, l'energetico. Settori a minor grado di innovazione ed a più lenta trasformazione (poi dipende dalle singole aziende, se come infrastruttura sto cercando d'introdurre un treno Hyperloop sarò fin troppo high tech come società!).

Andiamo ad osservare l'andamento di due ETF che ci mostrano l'approccio Growth e Value in Europa su un orizzonte temporale decentemente lungo:

Indubbiamente il 2010-2020 è stato il decennio del Growth.

Se utilizzassimo indici internazionali (e mettessimo in campo il noto grafico del Nasdaq-100) l'effetto sarebbe ancora più evidente, ho voluto utilizzare l'Europa per non farci al solito condizionare dai classici Amazon, Facebook e simili.

Tuttavia nel periodo tra la bolla del 2000 ed il crollo del 2008, in realtà il 'value investing' è stato, generalmente, un asset molto più solido.

Gli spunti su cui riflettere sono i seguenti:

- Quando si esce da una crisi radicale del sistema produttivo-finanziario, spesso questo deve innovare e spingere sulla produttività. E' quello che hanno fatto le famose Facebook o Amazon o Apple, che 10 anni fa o non esistevano o possedevano quote molto più marginali dei mercati di riferimento, ed hanno cambiato il nostro stile di vita con i loro prodotti/servizi. Quindi dopo una crisi economica (non un tonfo dei mercati!) di questo tipo, molti investimenti coinvolgeranno il settore Growth.

- Quando si generano bolle (come alla fine degli anni '90) la liquidità tende a seguire le 'aspettative', non va a cercare i 'porti sicuri', le bolle è probabile favoriscano di più il settore Growth e il loro scoppio può travolgerlo. Un'elevata quantità di liquidità (come le politiche dei tassi bassi) che può favorire simili bolle indirettamente favorisce un approccio Growth.

- Quando la crescita è 'sana', quando c'è una crescita progressiva di economia, inflazione, tassi d'interesse, e non siamo in una bolla, o si esce da una bolla, invece il principe è il settore Value, come negli anni 2000-2007, i settori economici maturi e con poca crescita marginale, ma che generano rendimenti 'solidi'.

- Quando c'è paura, instabilità e shock esogeni, tendenzialmente i settori Value sono più favoriti. Pensiamo alla corsa al mattone (ed all'immobiliare!) dell'inizio del millennio, il boom di credito ed assicurazioni quando sale l'inflazione e devono salire anche i tassi (e salgono i prezzi delle materie prime del settore energetico, e salgono gli utili di banche ed assicurazioni) per seguire ed arginare la crescita dell'indice dei prezzi al consumo.

La domanda è: la pioggia di liquidità sarà senza fine e quindi passeremo ad un illimitato accrescimento dei settori Growth? Siamo all'alba di un nuovo decennio Growth come dopo la crisi del 2008? Oppure si dovrà uscire dalla politica dei tassi negativi, con le buone o con le cattive, e si passerà ad una fase 'value'?

Ovviamente la risposta la avremo tra 10 anni, tuttavia si può stare attenti a diversificare tra strategie e non concentrare tutto su un unico approccio, magari senza accorgercene, guardando solo il grafico senza 'capire'.

P.C. 09.05.2020

venerdì 8 maggio 2020

Quarto Step di Value Averaging su CYRANO

Sono giunto al penultimo versamento progressivo sul portafoglio Cyrano. Mediando un prezzo inizialmente superiore ai minimi raggiunti durante il 'tonfo' di marzo 2020 durante i ribassi, Cyrano ha intercettato il rimbalzo generale, attestandosi ad un +3,36% attuale.

Non siamo ancora giunti all'ultimo versamento progressivo, ma la semplice genialità del 'value averaging' ci mostra qui la sua funzione: non prevedere o anticipare il mercato e mai e poi mai cogliere il 'minimo' che a tutti noi, irrazionalmente, piacerebbe, ma diversificare quel rischio timing sbagliato che causa molte ansie.

Potevo ovviamente investire tutto Cyrano i primi di marzo, ma avrei preso commiato fino alla prima revisione periodica da questo portafoglio lasciandolo con un'angosciante fase di ribasso che mi avrebbe tormentato di dubbi sul se fossi 'entrato troppo presto'.
Invece, salvo crollo da qui al 24 maggio (tutto è possibile), che comunque sfrutterei a fine mese con l'ultimo versamento di 10000 euro, oggi Cyrano mi appare come un 'buon' portafoglio, che mi sta restituendo oltre il 3% di rendimento in neppure 2 mesi (un 20% su base annua, tanto per capirci). Quindi ha 'spalmato' il rischio di un timing d'entrata "errato".

Ovviamente questo non difende dal rischio di un andamento negativo degli asset in cui ha investito nel resto dell'orizzonte temporale.

Andiamo a vedere cosa è accaduto dal precedente step di versamento:

- xTrackers MSCI Emu Index ha distribuito 306,22 euro di dividendo
-iShares JPM USD EM Bond ha distribuito il suo dividendo mensile per euro 22,72
-Vanguard USD Emerging Markets Gov. Bonds ha distribuito il suo dividendo mensile per euro 11,05

La liquidità disponibile è quindi passata da euro 20260,04 a euro 20600 circa.

Vado a completare l'investimento nel MSCI Emu (azionario europa zona euro) con 110 quote nel xTrackers e aggiungo 23 quote al SPDR Pan-Asia Dividend Aristocrats, 'chiudendo' lo spazio disponibile anche nell'asset-class Asia-Pacifico, completo anche l'investimento sull'azionario emergente con 15 quote di UBS Msci Emerging Markets A-dis e quello obbligazionario societario con 313 quote di iShares Eur Corporate Bond BBB, infine completo i titoli di stato di paesi emergenti con 21 quote di Vanguard USD Emerging Markets Gov. Bonds.

Investo poi in 45 quote di Vanguard FTSE Developed Europe, mediando il prezzo d'entrata.

Aggiungo infine alla liquidità in valuta 500 euro in franchi svizzeri sempre con Revolut.

La liquidità residua dopo le operazioni (e le relative commissioni) è di 10616,037 euro. In questa occasione non ho toccato le posizioni a leva e, fatte le dovute mediazioni sui prezzi di carico delle posizioni che ho incrementato, la situazione appare come segue:

Vediamo come i 100026 affidati a Cyrano il 10 marzo, sono stati valorizzati in due mesi arrivando a 103382,04, grazie al 'rimbalzo' dei mercati ed al value averaging durante la fase di ribasso. La performance è del +3,36%.

Il prossimo appuntamento, con l'ultimo investimento periodico, è lunedì 25 maggio.

P.C. 08.05.2020