Portafogli d'Investimento Teorici:

sabato 16 febbraio 2019

ETF a cedola mensile come alternativa 'previdenziale'?

La frase ‘io in pensione non ci andrò mai’ è ai nostri giorni un non-divertente ritornello, che spesso viene accompagnato da qualche faccina triste sui social, da una risatina semi isterica nelle discussioni dal vivo o da qualche emoticons stile ‘mai1gioia’ su whatsapp. Quanto grave sia la situazione che si abbina a questa ‘resa incondizionata’ di fronte ad una situazione previdenziale disperata per tanti non-solo-giovani nessuno di noi vuole stressarsi troppo a pensarci. La generazione degli attuali trenta-quarantenni non ha generalmente avuto grandi soddisfazioni dal lavoro, né una politica ‘amica’ che gli ha organizzato concorsoni, condoni edilizi e scale mobili, ma si è rassegnata agli schiaffi, al precariato ed allo sfruttamento. Però è abituata ad avere ‘qualcosa’, qualcosa che gli attuali sessanta-settantenni magari non avevano da giovani: case di proprietà, mantenimento agli studi, piccoli o medi beni di famiglia, forse pochi fratelli con cui spartirseli. Quindi alla pensione non ci si pensa troppo, come tanti fumatori da due-tre pacchetti al giorno si preoccupano di più di come racimolare i soldi per le sigarette di questo mese piuttosto di che fine faranno i loro polmoni. Soprattutto perché di fronte ad un contesto lavorativo di questo tipo l’ultimo pensiero è la pensione. E poi, diciamocelo, trenta-quarant’anni fa essere precari a trent’anni era una catastrofe, oggi si vive lo stesso, allo stesso modo, molti si dicono si farà in qualche modo tra trent’anni per la pensione. Ci penserà lo Stato, ci si affitterà il box auto dei genitori che, se ancora vivi, certo non guideranno più, ci si venderà la casa ereditata dai nonni a Rocca Cucca, si metterà su un Bed&Breakfast utilizzando una stanza di casa grazie a TripAdvisor… oppure alla fine il babbo ci ha già messo da parte un bel po’ di soldini per aiutarci.
Sì, forse… o forse lo Stato che già non regge l’attuale situazione previdenziale oggi, potrebbe fregarsene domani, soprattutto con pensioni contributive da pagare (che quindi si alimentano con contributi accumulati) che avranno magari messo da parte pochissimo, causa precariato e periodi di incostanza. Immobili, box e case a Rocca Cucca saranno quindi un bersaglio facile di tasse crescenti… sempre se qualcuno vorrà ancora affittarsi tutti questi box e passare l’estate a Rocca Cucca, TripAdvisor poi bisogna vedere se ancora esisterà… se ottantenni provati da lavori stressanti fino a settant’anni si sarà in grado di farlo fruttare, se incapaci (causa spesso le circostanze) a trovare un lavoro stabile si sarà capaci investire proficuamente i beni di famiglia e mantenersi con quelli in età avanzata senza farseli fregare. Tra l’altro il crollo delle nascite della crisi non lascerà questo esercito di figli ad occuparsi di tanti anziani, e sperare che i figli di seconda generazione degli immigrati di oggi provvedano a qualcun altro che non siano i loro genitori è… una speranza appunto.
Eppure molti diranno: sì, ma io il pane oggi per un fondo pensione che potrò toccare tra 25 anni non posso proprio togliermelo dalla bocca.
Ma se invece la ‘pensione’ non la si prendesse quando Fornero e suoi eredi vorranno, bensì dal prossimo mese? Indipendentemente dalla nostra età? Tramite strumenti (non contributi ‘gestiti’ dall’INPS, mensa che deve dare da mangiare anche a invalidi, disoccupati etc…) di nostra proprietà? Passabili ai nostri eredi? Facilmente intestabili anche ai nostri figli in vita, volendo? Anche perché uno la ‘pensione’ ha più possibilità da godersela da giovane, che da vecchio.

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Bene, parliamo di investimenti a cedola mensile.
L’argomento sui portafogli a distribuzione è vasto ed affascinante. Creare un piccolo patrimonio che tutti i giorni mi ‘paga lo stipendio’ fin dal primo giorno dell’investimento, senza dover rincorrere inquilini, farsi conteggiare IMU dal CAF e quant’altro è un’attività estremamente interessante, ma al contempo vasta e ricca di sfumature.
Riduciamo il campo, parlando oggi di ETF a Dividendo Mensile. Non abbiamo bisogno di costruire un portafoglio, con questi strumenti, per incrociare preziosi flussi di dividendi ed essere ‘approvvigionati’ ogni mese: ognuno di questi titoli paga tutti i mesi, con impeccabile regolarità, il dovuto.
Tranquillamente dal nostro Home Banking possiamo acquistarli, dal momento che sono Exchange Traded Funds, vendibili ed acquistabili in quote come le azioni, privi quindi di commissioni di sottoscrizione (se non un minimo diritto fisso di pochi euro dovuto alla banca dove abbiamo aperto il deposito titoli), privi di commissioni di uscita e che ‘sottraggono’ al capitale investito commissioni di gestione annui irrisorie rispetto ai fondi comuni d’investimento.
Su ETFPlus, il mercato di scambio ETF italiano, ne troviamo tre davvero davvero interessanti, i codici ISIN sono:
IE00BH3X8336 Emerging Markets Local Bond della PIMCO
IE00B9M6RS56 JPM Dollar Emerging Markets Bond della ISHARES
IE00BD8D5H32 Euro Short-Term High Yield Corporate Bond della PIMCO
IE00BF8HV600 Short-Term High Yield Corporate Bond Euro Hedged della PIMCO
I primi due investono in titoli di stato di Paesi Emergenti e gli ultimi due in obbligazioni alto rischio-rendimento di aziende ben al di sotto dell’investment grade. Replicando indici il rischio attivo verso un emittente ci interessa poco (il nostro investimento non si azzererà), tuttavia, pur trattandosi di investimenti legati all’obbligazionario, parliamo di mercati con il massimo grado di volatilità e di rischio.
Questo è il motivo per cui sono partito parlando di pensioni.
Il principale difetto di questo tipo d’investimento è l’inefficienza fiscale. Io acquisto quote di questi o altri prodotti a distribuzione ed inizio immediatamente a percepire un flusso di dividendi/cedole sul conto. Il problema è che ogni mese questo dividendo paga l’aliquota fiscale attualmente prevista del 26%. Se però vado a disinvestire il capitale, un’eventuale minusvalenza sul capitale non è compensata. In altre parole: se sono i soldi che mi servono per comprare casa tra qualche anno, nel caso in cui al disinvestimento avessi una ‘perdita’ rispetto all’importo investito, metterò nel cassetto la perdita e basta, mentre tutti i mesi avrò pagato una tassa sul ‘guadagno’ di ogni cedola. Se ipoteticamente avessi preso meno cedole del capitale perso a fine investimento avrei pagato tasse sul capital gain pur avendo in realtà perso…
Il discorso cambia se io sono focalizzato sulla rendita: i soldi che investo in questi titoli non ho intenzione di investirli in un orizzonte temporale tale da rendere abbastanza plausibile (data l’alta volatilità) un’ipotetica perdita in conto capitale, insomma un tempo sufficiente da potermi ‘permettere’ di aspettare che recuperino almeno l’importo investito iniziale. Del resto i nostri bei contributi l’INPS non ce li ridarà mai… il nostro box auto da affittare a meno che non facciamo gli immobiliaristi resterà ‘investito’ almeno dieci anni per non rischiare perdite più grandi dei guadagni etc…
Andiamo a recensire i nostri ETF:
IE00BD8D5H32 e IE00BF8HV600 della PIMCO investono entrambi in obbligazioni alto rischio-rendimento, tuttavia scegliendole tra quelle a breve termine, ovvero prossime alla scadenza. Questa strategia va molto di moda in questo periodo di tassi bassi ma in potenziale rialzo.
La duration di un titolo può essere abbassata in due modi: aumentando il flusso atteso cui bisogna ponderare la vita residua dei titoli in portafoglio (e i prodotti ad alto rischio pagano cedole più alte) e abbassando la durata stessa andando a scegliere titoli prossimi alla scadenza. La combinazione di entrambe le caratteristiche, come in questo caso, va controcorrente verso un ipotetico rialzo dei tassi. E’ una delle tipologie di Bond che potrebbero costituire un rifugio. C’è però un problema: titoli di questo tipo mantengono una forte esposizione alla valuta, inoltre titoli a breve scadenza rendono di meno. Quindi o sacrifico la redditività (andando ad investire comunque in obbligazioni con basso merito creditizio, ma che non mi pagano abbastanza questo rischio) o incremento la volatilità (voglio la cedola alta anche se l’obbligazione sta per scadere e quindi compro proprio spazzatura… andando quasi a ‘scommettere’). Quest’ultimo discorso viene un po’ attenuato dalla natura dell’investimento: sono ETF, replicano un indice, non fanno gestione attiva e quindi pur camminando sui carboni ardenti, medieranno automaticamente, investendo su tutto il benchmark. Sarebbe rischioso, salvo grande fiducia nel gestore, acquistare un fondo flessibile o TRN con la medesima strategia d’investimento, soprattutto se c’è una commissione di performance: il rischio è che il gestore vada a ‘rischiare’ davvero tanto non diversificando i titoli pur di ottenere rendimenti altissimi su scadenze brevi. Se va bene farà incetta di stelle da Morningstar, ma se va male… non credo che recupererete facilmente i vostri fondi. Un esempio di questa gestione speculativa su obbligazioni in fondi flessibili sono fondi ‘famosi’ per le performance leggendarie realizzate sull’obbligazionario come il H2O Multibonds R (ISIN FR0010923375), se avete voglia di leggervi i rendiconti trimestrali vi accorgerete che il gestore, tramite una strategia flessibile, in questo caso ha fatto incetta di titoli di stato ad un passo dal baratro come la Grecia, concentrando intenzionalmente il rischio. Ecco, con questi ETF voi anche no. Il IE00BF8HV600 ha l’hedging sull’euro. L’hedging ha solitamente un costo, ma abbatte uno dei rischi più importanti: quello della valuta. L’altro è più esposto al dollaro, ma quando i tassi risalgono il rischio è anche opportunità. Ricordiamoci che i bond corporate inclusi in questi indici hanno visto ridurre al minimo storico i tassi di default negli anni dell’immissione di liquidità delle banche centrali, quando i rubinetti vanno a chiudersi che cosa accade? A che tassi potranno finanziarsi? La volatilità probabilmente sale, ma senza panico: la durata media dei titoli nell’indice è breve. Del resto in caso di disallineamento della ripresa dei tassi tra euro ed altre valute la valuta stessa potrebbe essere una compensazione. Quindi in un momento come questo, volendo investire nell’High Yield Short Duration per assicurarmi la mia ‘pensione cedolare’ li comprerei in coppia.
IE00B9M6RS56 ETF in bond emergenti della Ishares è uno dei titoli che mi piace di più, in passato mi ha dato grandi soddisfazioni. Dividendo generoso, replica abbastanza fedele di un indice ben strutturato. Quota in dollari, ma ha l’hedging sull’euro. Questa però, a differenza dei precedenti, non è l’unica differenza con il suo ‘fratellastro’ della PIMCO, il IE00BH3X8336. Quest’ultimo, oltre ad una esposizione alle valute emergenti (il primo compra titoli di stato emessi in dollari, e poi ha la copertura verso il dollaro, l’altro li compra in tutte le valute… pure la pizza di fango… senza copertura. Ricordiamo però che a grandi rischi corrispondono anche grandi opportunità, l’euro è altino), è un ETF più piccolo, molto meno scambiato (al pari degli altri due Pimco, che non sono paragonabili al nostro Ishares). Tenete conto, investendovi cifre corpose, che il rischio liquidità, che esiste negli ETF e non nei fondi, sale… forse è meglio scegliere un fondo se volete concentrarci una parte cospicua dei vostri beni. I bond emerging markets nel mondo dell’alto rischio alto rendimento sono un po’ la controparte dell’high yield: i secondi vengono considerati dagli addetti ai lavori un’altra faccia dell’azionario, zuppi come sono di bond dal basso rating, i primi invece in alcune fasi storiche hanno ‘intercettato’ i capitali in fuga da un azionario in crisi. La ripresa dei tassi in USA potrebbe drenare masse dai bond emergenti, che diventano meno interessanti, ma l’eventuale discesa dei mercati azionari che ne consegue potrebbe spingere a tenersi lontani dai corporate high yield e rifugiarsi in redditizi bond emergenti.
La scelta di questi 4 ETF non è quindi casuale: li giudico piuttosto complementari, e sarebbe interessante investirci in combinazione, certi di avere costruito così una rendita mensile. Magari negli investimenti obbligazionari flessibili e ‘innovativi’, con tutte le loro potenzialità, come il FR0010923375 ci andrei con prudenza… perché no, con un PAC che investe mensilmente la quota che non spendiamo su Amazon dei nostri bei dividendi del quartetto?
Lo so, qualche occhialuto gestore di fondi mi dirà ‘e il tracking error?’ ‘dove lo metti il tracking error?’. Già, investendo in un ETF ci riproponiamo di replicare il benchmark, sono nominalmente dei TRN, ma dei Total Return a gestione passiva che dovrebbero replicare l’indice. Però quando le cedole devo distribuirle non posso reinvestirle, e quindi il gestore deve tenerle liquide fino allo ‘stacco’. Questa quota di risorse non investite spesso ci fa scostare dalla replica del benchmark… e addio ETF-philosophy. Comunque, io non sono partito da un proposito di replica dei mercati (interessanti comunque, anche perché alternativi al classico obbligazionario ed azionario), oltretutto a mio avviso gli ETF a distribuzione mensile incorrono in meno tracking error proprio in virtù della distribuzione molto frequente che scarica spesso il nostro serbatoio di liquidità.
Chiudiamo il discorso con un bel conto della serva. Il Ishares JPM Emerging Markets ha pagato mediamente 29,18 centesimi di euro per ogni quota negli ultimi 12 mesi, considerando l’ultimo valore di 99,36 a quota parliamo del 3,53% lordo annuo. L’altro emerging markets della PIMCO ha pagato mediamente 43,41 centesimi di dollaro, considerando l’ultimo valore di quota di 69.47 e convertendo tutto in euro, parliamo del 6,09% l’anno. I due PIMCO obbligazionari high yield invece hanno pagato cedole uno per 1,23% e l’altro per 5,68%.
Ipotizziamo di investirci 100000 euro, 25000 ciascuno. Ogni mese otterremmo circa 344,375 euro al mese lorde (255 euro nette). Parliamo di cedole accreditate sul conto, non del guadagno degli ETF, che possono perdere valore, ma anche apprezzarsi (soprattutto nel medio-lungo periodo).
E invece la pensione? Ovviamente è ben altra cosa rispetto ad un investimento, ma beh, l’attuale coefficiente di conversione, se andiamo in pensione a 70 anni è del 6,378%, per un 67enne già scende al 5,7%. Centomila euro di contributi versati negli anni darebbero al nostro settantenne 531 euro di pensione LORDI al mese (su cui pagare la normale aliquota IRPEF). Il problema è che con un investimento i dividendi li prendete il mese prossimo, con il capitale investito vostro e dei vostri eredi (che nel tempo dovrebbe anche crescere) e l’investimento stesso che dovrebbe tutelarvi dall’inflazione, la pensione la prendete a 70 anni, la rivalutazione delle pensioni ed i coefficienti come vedete sono pessimi oggi figuriamoci in futuro, e i contributi versati all’INPS nessuno ve li restituirà mai indietro.
PC 26 febbraio 2018

13 commenti:

Paolo ha detto...

Ciao. Ho trovato da poco il tuo blog grazie al forum di finanza. Sto leggendo tutti i tuoi post. Molto interrssanti e pertinenti. In particolare, in questo periodo stavo ragionando se vincolare altra liquidità su conti deposito a scadenze scaglionate (tipo un piccolo ladder) oppure fare la stessa cosa su obbligazioni (in prevalenza BTP CCT). Sia qui che sul forum mi ha incuriosito l'alternativa degli etf a distribuzione a cui potrei orientarmi risolvendo anche il rischio emittente. E con una strategia di entrata fare entrate trimestrali/semestrali o a eventuali correzioni di un tot %.

Tu che dici?

Sempre in ottica didattica....

bowman ha detto...

Per esperienza anche personale posso confermare che è un'alternativa validissima. Ovviamente l'una non esclude l'altra. I BTP ed i CCT rappresentano una forte concentrazione (rischio emittente - lo Stato -), rischio tassi d'interesse del mercato, rischio timing (si entra in un momento che sono 'alti') etc... i conti di deposito sono un ottimo parcheggio, anche se al momento non rendono molto, soprattutto per i momenti in cui non si vuole stare 'dentro' i mercati (obbligazionari e di titoli di Stato o finanziari che siano) ma per importi e percentuali del patrimonio elevate è inevitabile non fare presente che esiste un potenziale rischio emittente (bail in) soprattutto se vincolati e non vincolati in istituti finanziari 'sistemici' come dimensione.

bowman ha detto...

I fondi, come gli ETF, possono 'distribuire income/reddito' anziché accumularlo, qui bisogna stare attenti che la spesa valga l'impresa (che la distribuzione non incida, considerate le commissioni, troppo sulla valorizzazione, perché altrimenti pago tasse sul dividendo e poi magari esco in perdita dall'investimento...). Gli ETF sono una formula più 'semplice' che abbatte l'incidenza della discrezionalità e delle 'politiche' del gestore e della casa di gestione (che magari, per vendere fondi fa 'vedere' cedole alte!) e soprattutto dei costi, che soprattutto in asset class prudenti, erodono significativamente il rendimento. Ovvio che gli ETF hanno delle cose a cui fare attenzione:
1- Liquidità: scegliere ETF adeguatamente scambiati per le proprie esigenze di liquidità e per i volumi investiti (soprattutto visto che negli anni questo dato cambia)
2- Modalità di replica: non ci sono stati reali problemi 'contingenti' su questo aspetto, ma a me personalmente sembra assurdo stare a preoccuparmi del bail in di Unicredit per i miei 20mila euro di conto deposito e poi investire in un ETF che replica l'indice tramite contratti derivati, swap, di Credit Agricole... o peggio in altri prodotti più sintetici e costosi (polizze assicurative 'da banco' o fondi che usano derivati swap, forward opzioni o peggio)
3- Attenzione alla fiscalità, gli ETF, come i fondi, sono uno strumento fiscale meno efficiente dei BTP (questo anche per invogliare i 'polli' a comprare il debito di babbo Stato, che è molto indebitato)

Però di rischio emittente, o costi occulti, o di CaC (quello che è accaduto al debito greco) o di uscita dall'euro, con gli ETF non me ne preoccupo. In un patrimonio importante (e l'importanza è relativa, per tutti è abbastanza importante il proprio patrimonio) usare anche un pò di questi strumenti è sensato e può dare soddisfazioni.

In una mia simulazione provavo un portafoglio con 32 ETF. Sono scelte estreme, opinabili, dovute anche ad un mio 'divertimento' al 'vediamo che succede' nel seguirlo nel tempo. Un ETF per asset class (es. azionario USA, Europa, obbligazionario emergente etc..) di interesse va anche bene. Io facevo quell'esempio estremo mettendomi nei panni di un risparmiatore che vuole tenere i soldi investiti indefinitamente e che, tendenzialmente, potrà permettersi di disinvestire solo quei fondi che saranno in un momento sopra la pari (se ne avrà pur qualcuno, su 32! Anche se ultimamente il mercato si muove con le asset classe in preoccupante correlazione e ad anomalo 'nuoto sincrono' per così dire). In questo caso della fiscalità non mi preoccuperei: pago il 26% (ad oggi) su tutte le cedole e basta. Ovvio che diversificare su tanti ETF, sopratutto se si pagano molte commissioni per eseguito (ma oggi anche alle Poste si possono fare piccole convenzioni per pagare piccoli forfettari quando si comprano con l'home banking questi prodotti sul mercato), altrimenti diventa inefficiente.

E' molto valido il discorso del 'risparmio': accumulo un pò per volta (attenzione all'incidenza della negoziazione di acquisto in ETF per piccoli importi). Questo non migliora il rendimento in alcun modo... però riduce il rischio 'timing' (essere entrati al momento 'sbagliato'). Bisogna solo darsi 'disciplina' nell'eseguire ogni giorno dello stesso mese/periodo, in maniera sistemica gli acquisti, senza starsi a far influenzare dal corso del mercato.
Anche in questo caso può essere utile dividersi su pochi strumenti (magari le asset class che ad uno mancano... insomma uno che investe in titoli di stato e conti deposito da una parte magari vuole entrare periodicamente in ETF azionario mondiale e azionario emergenti, magari).

In alcuni casi ho applicato anche strategie (molto più complesse e con estrema attenzione ai costi) che io chiamo di 'neutralità al tempo': distribuzione ed accumulo.

bowman ha detto...

Ricevere periodicamente, ad esempio, i proventi di una asset class con una certa volatilità ed investirli in quelli di un'altra. Se i tassi fossero dignitosi farei l'esempio del 'capitale garantito' di un conto deposito a cedola le cui 'cedole' si reinvestono in azionario, magari a distribuzione, per creare da una 'liquidità immediata' una rendita di lungo/lunghissimo periodo.

Ma anche il Piano di Accumulo in un titolo che distribuisce cedole è un'alternativa, così come PAC abbinati ad ETF o obbligazioni.

Però questo esempio è più complesso, se non fatto benissimo si rischia di essere molto inefficienti fiscalmente di pagare eccessive commissioni o costi fissi di eseguito.

E' comunque un argomento che mi appassiona (crearsi una 'rendita' in un epoca di scarsa sostenibilità previdenziale e del debito pubblico in Italia è tema molto importante anche a livello sociale), e cercherò di affrontarlo anche in futuro.

Paolo ha detto...

Seguo con molto interesse soprattutto i tuoi portafogli sopra evidenziati.
Io penso che per il mio modo di investire e la capacità di risparmio, un piano di accumolo sia l'opzione corretta.
Mi tengo sempre un cuscinetto di liquidità per imprevisti, la massima quota detraibile da destinare al fondo pensione e quello che riesco a risparmiare lo investo con ottica di lungo periodo in parte, altra parte, come dicevo prima, in liquidità per gli imprevisti.
Per le mie attuali esigenze ho trovato molto interessanti i portafogli Baliano e Paride.

Anonimo ha detto...

Io li ho da due anni credo che a loro vadano affiancati azioni americane cedola mensile e fondi invesco e pictet cedola mensile es
lindia bond ha il 7% annuo in cedole mensili (2018 ) che ne pensate ?

Stef ha detto...

Ciao , ti chiedo se ritieni opportuno sostituire i due etf pimco hjgh yeld con questo ishare IE00B66F4759. Dalle simulazioni che ho fatto migliora sharpe e rendimento.
Grazie per il tuo prezioso lavoro

bowman ha detto...

Ciao, gli ETF che indicavo qui hanno la caratteristica interessante di possedere una distribuzione mensile di interessi. Prodotti a distribuzione mensile sono estremamente 'semplici' da utilizzare per creare una rendita. Comunque investono sempre in obbligazioni speculative, 'High Yield' ed il rischio che ciò comporta va tenuto in considerazione. Il IE00B66F4759 ha queste differenze: investe in obbligazioni Europee, non globali, sempre speculative, ma non a breve termine. Il corso (controvalore, poi dividendi ne pagheranno entrambi) di questi due ETF sarà un pò diverso. Teoricamente un High Yield a breve termine è più impermeabile al rialzo dei tassi (cosa importante, dato che ormai in tutto il mondo sviluppato i tassi d'interesse sono molto bassi). In pratica però l'effetto sul settore high yield di politiche di rialzo dei tassi è indiretto, ma comunque forte. Innanzitutto sono obbligazioni molto più vicine al 'capitale societario', quindi se l'azionario va giù hanno una discreta correlazione. Poi se scende la liquidità immessa sul mercato dei titoli 'speculativi' (da noi si chiamano con l'improprio termine di bond-spazzatura) vengono considerati meno appetibili di altri più 'sicuri' il cui rendimento rimane interessante. Questo ovviamente salvo aumenti dell'inflazione: l'inflazione alta renderà comunque poco appetibili bond anche con rendimento più alto e spingerà comunque a tenere in considerazione obbligazioni con più rischio credito. In generale passando da High Yield puro a High Yield Short Term riduci un pò la volatilità legata a questi dati, ma al contempo passando da un investimento Globale ad un investimento Europeo riduci la volatilità data dal rischio valuta (che anche nella versione con Hedging è ridotto, ma non inesistente). Insomma sono obbligazionari High Yield diversi, però secondo me piuttosto complementari ed utilizzabili in un medesimo portafoglio. Poi, senz'altro, il IE00B66F4759 distribuisce dividendo "solo" ogni 6 mesi.

Stef ha detto...

Leggendo il fascicolo informativo risulta un 15% di hy americani, e una duration effettiva di 2,8 anni.
Avevo fatto questa prova perché il IE00BD8D5H32 Euro Short-Term High Yield Corporate Bond della PIMCO distribuisce davvero poco e ha dimensioni ridottissime.
Invece il Pinco hedge americano 0/5 cala perennemente di valore anche se stacca una bella cedola

bowman ha detto...

Purtroppo in quest'epoca di tassi ridottissimi l'effetto duration sui prodotti a distribuzione è stato quello di spostare la redditività sul dividendo anziché sul capitale. In altre parole se guardi i fondi bilanciati, gli high yield a breve duration, i fondi a distribuzione a maturity e duration ridotte ti accorgerai che tutti (salvo rare eccezioni), più o meno dal 2015, stanno scontando un abbattimento del NAV a fronte della distribuzione dell'Income. Questo in Italia è svantaggiosissimo perché sulla minusvalenza NAV accumuli Minus da compensare (non con fondi/ETF/Sicav) e sulla cedola paghi il 26% o il 12,5% anche se sei in perdita.
Questo per quanto riguarda EURO e Euro Hedged. Per chi si è staccato dall'euro l'effetto 'svalutazione', chiamiamolo così, è stato moderato dalle valute, ad esempio il dollaro che da due anni è in forte recupero. Sull'azionario l'euforia dei mercati ovviamente ha compensato tutto... ma puoi immaginare che il rischio/opportunità valuta ed il rischio/opportunità mercati è qualcosa che può poi scontarsi con brusche docce fredde.

Fausto54 ha detto...

Ciao Bowman,ho letto con molto interesse il tuo articolo poichè, essendo un imprenditore che riceverà a 72 anni una pensione INPS miserrima, sto valutando ipotesi di rendita alternative.
Solo alcune osservazioni:
- è vero che i coefficienti di trasformazione dell'INPS si riducono di anno in anno con l'aumento della durata media di vita, ma sono sempre ben più elevati di quelli dei fondi pensione e delle polizze di rendita vitalizia (anche le più generose come Teseo di Reale Mutua)
- la pensione pubblica è perequata all'inflazione mentre le rendite private sono agganciate a rendimenti di fondi interni variabili e non garantiti
- gli ETF HY ed EM distribuiscono cedole alte ma che solo raramente raggiungono il 5/6% dei coefficienti INPS e comunque sono variabili nel tempo in maniera imprevedibile. Per cui, per garantirsi la medesima rendita, occorrerebbe investire un capitale sensibilmente più elevato
- verissimo, come dici, che con gli ETF si fa un investimento, per cui il capitale non si perde a differenza dei contributi pensionistici. Ma, come hai notato anche tu, l'andamento nel tempo del NAV di quelli che distribuiscono le cedole più generose è sempre decrescente. E questo, anche psicologicamente, è scarsamente compatibile con l'esigenza di sicurezza che un capitale destinato a una rendita previdenziale vita natural durante dovrebbe garantire.
In conclusione, non vedo molte alternative a costruirsi una rendita con un progressivo decumulo del capitale esistente e poi, verso gli 80 anni (arrivandoci, ovviamente!), investire in una polizza di rendita vitalizia immediata che, a quell'età, eroga una rendita annua dell'8/9%, a copertura del "longevity risk". Gli ETF li lascerei ad integrazione del "reddito minimo vitale".
Dove sbaglio?
Un saluto
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bowman ha detto...

La natura dell'investimento tra previdenza pubblica (essenzialmente basata su contribuzione figurativa, perché il saldo contabile del flusso di cassa INPS è al momento negativo), tra fondo pensione (dove esiste un sottostante di proprietà del depositante, che passa agli eredi etc...) e tra titolo (di cui si è proprietari di un bene, non vincolato a previdenza, che potenzialmente può passare di proprietà di generazione in generazione come un palazzo con appartamenti locati) è diversa. Andrebbero valutati come approcci, infatti, "Alternativi" (noto che poi questo vecchio articolo ha avuto una certa popolarità). L'effetto sugli obbligazionari a distribuzione di 'erosione del capitale' esiste, ma è ben diverso a seconda dello strumento che si usa. Un paniere di obbligazioni (IG, HY o bond emergenti, non inflation linked) tendenzialmente viene sottoscritto a 100 e rimborsato a 100, quindi nel lungo termine, distribuendo gli interessi ed in indifferenza valutaria, il capitale rimarrebbe uguale... salvo occasioni di movimento dei tassi favorevoli sul NAV dell'indice (es. se scadono vecchi titoli quando l'indice include per via di rialzo dei tassi nuovi titoli da mettere nel paniere sotto la pari). L'effetto erosione c'è per via dei costi di gestione. In un IE00B2NPKV68, da me, ad esempio sottoscritto per i miei genitori anni fa (per dirne uno), quello 0,5% annuo incide dopo 15 anni di un -7,5% circa, non tolti certo agli interessi (che sono distribuiti). Nel caso contingente la valuta dollaro e l'andamento del mercato di riferimento ha fatto passare il valore quota (senza interessi) dagli 82 euro del 2010 ai 92 circa odierni... superò anche i 107. Anche l'hedging sicuramente ha un costo. Altro discorso è un fondo attivo che nel replicare lo stesso benchmark magari costa (ed erode) il triplo. Ancora peggio è un fondo attivo flessibile che può partire dal fissarsi obiettivi "total return" (es. un certo flusso di dividendo) anche con operazioni lesive del capitale. Poi ci sono mercati che 'naturalmente' tendono ad erodere il capitale anche per cicli molto lunghi. Utilizzare bond in valuta debole, investendo in valuta forte (nel caso nostro l'euro) tende, per chi si prende la distribuzione (che in parte paga l'interesse, in parte il rischio svalutazione della valuta debole) a causare effetti molto negativi sul capitale di lungo termine. E' vero anche il contrario (l'investitore turco, per dire, magari adora l'emerging markets bond in dollari). In generale, quindi, l'effetto erosivo è innegabile sull'obbligazionario a totale distribuzione, meno efficace su ETF che su fondi più costosi, soprattutto se flessibili (a mio umile avviso), molto variabile nei suoi effetti per effetto della valuta o del momento di mercato o dell'andamento dei tassi (che per una persona anziana attraversano cicli più lunghi dell'erosione). Data la natura dell'investimento diversa, però, è ben inferiore a contributi che generano solo un diritto acquisito non trasferibile (morto il pensionato INPS non c'è più alcun capitale, salvo reversibilità). Al solito il punto è la necessità, mai ho detto che non bisogna versare i contributi INPS per comprare titoli di stato di paesi emergenti... tuttavia la 'rendita' generata può essere intesa come previdenza "alternativa" (magari integrata in un portafoglio a distribuzione diversificato, il cui tema e la cui strategia è ampiamente trattata nel Blog) che ha la caratteristica della trasmissione del valore.

bowman ha detto...

E' complesso trasferire le proprie posizioni INPS ad un figlio, ad un coniuge o ad altri, non è il caso di considerarli come un asset "famigliare", quindi. E' invece facilissimo cointestare, dedicare alla famiglia o donare un portafoglio a distribuzione che a noi è servito quale alternativa o complemento ad un 'vuoto' nella previdenza ordinaria (anche perché chi come fondo pensione o altro si occupa di previdenza, poi la redditività di lungo termine la tira fuori da portafogli diversificati di investimenti, se non la può trasformare in deficit pubblico che ricadrà poi su tutto il sistema).